sabato 26 dicembre 2009

Paolo Ferrero al Presidio Permanente sul tetto AGC

Il presidio davanti alla fabbrica AGC alle porte di Cuneo, da parte degli operai in cassaintegrazione, continua da oltre 3 settimane, con l'arrivo del freddo si è scelto di occupare il tetto dell'entrata della fabbrica per chidere una risposta concreta ai dirigenti dell'AGC, che sembra non finire mai. Quattro sono gli operai che sono saliti sul tetto e vi sono rimasti da 2 settimane, senza l'intenzione di mollare, anche davanti all'arrivo del freddo e dell'inverno. Sabato 10 è stato organizzato un concerto a favore degli operai cuneesi e di tutti i paesi, che rischiano il loro posto di lavoro, dopo 30-40 anni di lavoro e con la necessità di trovare un altro lavoro a 50 anni per raggiungere la pensione; e contro i dirigenti di queste fabbriche, a cui non interessa di chi ha messo cuore e anima nel suo lavoro e dopo una vita di lavoro, viene mandata a casa senza spiegazioni. Al concerto, con il cantautore Luca Peirone e le famiglie degli operai, militanti, amici e colleghi, anche l'intervento di Paolo Ferrero, che vuole esprimere, senza ipocrisia e qualunquismo, una vera solidarietà e vicinanza (anche da parte di Rifondazione) agli operai in Presidio Permanente, dopo che anche lui, quando lavorava in fabbrica, è stato messo in cassaintegrazione. Storie già viste, che si ripetono, purtroppo..

giovedì 24 dicembre 2009

Arnold Schoenberg: Jakobsleiter (Excerpt)

Ho trovato questo bellissimo video, non conoscevo Jakobsleiter. Lo trovo fantastico, soprattutto quando inizia la parte vocale solista.

Arnold Schoenberg: Erwartung op. 17 (Excerpts)

Erwartung è un affascinante monodramma, la storia è allucinante, la musica potentissima.

martedì 17 novembre 2009

A day as a postman

La gente diceva sempre le stesse cose, in qualunque posto andassi a distribuire la posta sentivo sempre le stesse cose, in continuazione.
"E' in ritardo, oggi!".
"Dov'è il postino solito?".
"Salve, zio Sam!".
"Postino! Postino! Questa non è per me!".
Le strade erano piene di gente stupida e malata di testa. Avevano quasi tutti una bella casa e pareva che non lavorassero, e veniva da chiedersi come facessero. C'era un tizio che non voleva che gli mettessi la posta nella cassetta. Si metteva in mezzo al viale e mi guardava arrivare da 2 o 3 isolati di distanza e stava lì con la mano alzata.
Chiesi agli altri che avevano avuto quel percorso:
"Che cos'ha qual tizio che sta sempre in mezzo al viale con la mano alzata?".
"Quale tizio che sta in mezzo al viale con la mano alzata?", mi chiesero.
Anche loro dicevano sempre le stesse cose.
Un giorno che mi avevano assegnato quel percorso vidi l'uomo-con-la-mano-alzata a un isolato di distanza. Stava parlando con un vicino. si guardò alle spalle, vide che ero a più di un isolato di distanza e capì di aver tempo di tornare indietro prima del mio arrivo. Quando mi voltò la schiena incominciai a correre. Credo di non aver mai lavorato tanto in fretta, tutto gambe e braccia, senza mai fermarmi, l'avrei fregato. La lettera era già a metà dentro la fessura della sua cassetta quando si voltò e mi vide.
"OH NO NO NO!", gridò, "NON ME LA METTA NELLA CASSETTA!".
Arrivò di corsa verso di me. Vidi solo la polvere che sollevava. Stava facendo i cento metri in 9 secondi e 2.
Gli misi in mano la lettera. Lo guardai. La aprì, attraversò la veranda, aprì la porta ed entrò in casa. Aspetto ancora che qualcuno mi dica che cosa significa tutto questo.
(...)
Ero di nuovo stravolto dall'alcool, c'era un'altra ondata di caldo... 40 gradi, da una settimana. Passavo le serate a bere, sempre, e la mattina presto c'era Stone e quelle giornate impossibili.
I ragazzi portavano caschi coloniali e occhialoni, ma io no, per me era sempre lo stesso, col sole e colla pioggia. vestiti stracciati, e scarpe così vecchie che i chiodi mi si piantavano nei piedi. Mi mettevo il cartone nelle scarpe. Ma era un sollievo temporaneo... dopo un po' i chiodi ricominciavano a scavarmi i calcagni.
Perdevo birra e whiskey, a fontanella, dalle ascelle, e andavo in giro con quella croce sulle spalle, tiravo fuori riviste, consegnavo migliaia di lettere, barcollando, col sole che picchiava.
Una donna mi gridò dietro: "POSTINO! POSTINO! QUESTA NON E' PER ME!"
Guardai. Era un isolato più in giù, in discesa, e io ero già in ritardo.
"Senta, signora, metta la lettera fuori dalla cassetta! La ritireremo domani!".
"NO! NO! LA PRENDA ADESSO!".
Sventolava quella lettera nel cielo.
"Signora!".
"VENGA A PRENDERLA! NON E' PER ME!".
Oh Dio mio.
Misi giù la sacca. Poi presi il berretto e lo buttai sul prato. Rotolò sulla strada. Lo lasciai lì e mi incamminai verso la donna. Mezzo isolato.
La raggiunsi e le strappai di mano la lettera, mi voltai, tornai indietro.
Era un volantino pubblicitario! Posta di quarta categoria. L'avviso di una svendita di articoli di abbigliamento a metà prezzo.
Raccolsi il berretto dalla strada, me lo misi in testa. Issai la sacca sulle spalle, alla sinisdtra della spina dorsale, ripresi a camminare. 40 gradi.
Passai davanti a una casa e una donna mi corse dietro.
"Postino! Postino! Non c'è niente per me?"
"Signora, se non le ho messo niente nella cassetta, vuol dire che per lei non c'è niente".
"Ma deve esserci una lettera per me!".
"Che cosa glielo fa pensare?".
"Mia sorella mia ha telefonato e mi ha detto che mi avrebbe scritto.".
"Signora, non ho niente per lei".
"Ma deve esserci una lettera! Ne sono sicura! Sono sicura che è là in mezzo!".
Tese la mano verso un mazzetto di lettere.
"NON TOCCHI LA POSTA DEGLI STATI UNITI, SIGNORA! NON C'E' NIENTE PER LEI OGGI!".
Mi voltai e me ne andai.
"SONO SICURA CHE C'E' LA MIA LETTERA LI' DENTRO!"
C'era un'altra donna sulla veranda di una casa.
"E' in ritardo, oggi".
"Sì, signora".
"Dov'è il postino solito?".
"Ha il cancro. Sta morendo".
"Sta morendo? Di cancro? Harold sta morendo di cancro?".
"Proprio così", dissi.
Le diedi la posta.
"BOLLETTE! BOLLETTE! BOLLETTE!", urlò. "POSSIBILE CHE NON MI PORTIATE MAI ALTRO CHE BOLLETTE?".
"Sì, signora, solo bollette".
Mi voltai e ripresi a camminare.
Non era colpa mia se usavano il telefono e il gas e la luce e comperavano tutto a credito. Eppure quendo gli portavano le bollette se la prendevano con me... come se gliel'avessi ordinato io, di farsi mettere il telefono, o di comprare la TV da 350 dollari a rate.
La fermata dopo era una casa a due piani, abbastanza nuova, con dieci o dodici appartamenti. La cassetta era sul davanti, sotto il tetto della veranda. Finalmente un po' d'ombra. Misi la chiave nella serratura della cassetta e aprii.
"SALVE ZIO SAM! COME ANDIAMO OGGI?".
Urlava, quasi. Non me l'aspettavo, quella voce di uomo alle spalle. Urlava, e io ero nervoso, dopo la bevuta della sera prima. Feci un salto. Era troppo. Tolsi la chiave dalla cassetta e mi girai. C'era solo una porta schermata davanti a me. Là dentro c'era qualcuno. Invisibile, a godersi l'aria condizionata.
"Porco mondo!", gridai, "Non chiamarmi zio Sam! Non sono lo zio Sam!".
"Oh, sei un furbacchione, eh? Per due cent vengo fuori e ti faccio il culo!".
Presi la borsa e la sbattei per terra. Le lettere e le riviste volarono dappertutto. Avrei dovuto smistarle di nuovo, dopo. Presi il berretto e lo sbattei sul cemento.
"VIENI FUORI? BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA! OH, DIO ONNIPOTENTE, TI PREGO! VIENI FUORI! VIENI FUORI, AVANTI, VIENI FUORI!".
Volevo ammazzarlo.
Non venne fuori nessuno. Non si sentiva volare una mosca. Guardai la porta schermata. Niente. Come se l'appartamento fosse vuoto. Per un attimo pensai di entrare e vedere. Poi mi voltai, mi misi in ginocchio e comincia e smistare le lettere e le riviste. Era una parola, senza casellario. In venti minuti rimisi a posto tutto. Infilai un paio di lettere nella cassetta, lasciai cadere le riviste sulla veranda, chiusi la cassetta, diedi un'altra occhiata alla porta schermata. Non si sentiva volare una mosca.
Finii il giro, e camminando pensavo, adesso quello telefonerà a Jonstone e gli dirà che l'ho minacciato. Meglio prepararsi al peggio.

Charles Bukowski, Post Office, Cap. I, 15

lunedì 19 ottobre 2009

Lettera d'amore

Breslavia, dicembre 1917

Sonicka, passerotto mio,
È il mio terzo Natale in gattabuia, ma non fatene una tragedia.
Sono calma e serena come sempre. Ieri sono rimasta a lungo sveglia - adesso non riesco ad addormentarmi prima dell'una, però devo essere a letto già alle dieci -, così, al buio, i miei pensieri vagano come in sogno.
Ieri dunque pensavo: quanto è strano che, senza alcun motivo particolare, io viva sempre in un'ebbrezza gioiosa. Me ne sto qui, ad esempio, in questa cella oscura, sopra un materasso duro come la pietra, intorno a me nell'edificio regna come di regola un silenzio di tomba, sembra di essere rinchiusi in un sepolcro: attraverso la finestra si disegna sul soffitto il riflesso della lanterna accesa l'intera notte davanti al carcere. Di tanto in tanto si sente, cupo, lo sferragliare di un treno che passa in lontananza; oppure, più vicina, proprio sotto la finestra, la guardia che si schiarisce la voce e per sgranchirsi le gambe fa lentamente qualche passo con i suoi stivaloni. La sabbia stride in modo così disperato, sotto quei passi, che nella notte scura e umida si sente risuonare tutta la desolazione e lo sconforto dell'esistenza.
Me ne sto qui distesa, sola, in silenzio, avvolta in queste molteplici e nere lenzuola dell'oscurità, della noia, della prigionia invernale – e intanto il mio cuore pulsa di una gioia interiore incomprensibile e sconosciuta, come se andassi camminando nel sole radioso su un prato fiorito.
E nel buio sorrido alla vita, quasi fossi a conoscenza di un qualche segreto incanto in grado di sbugiardare ogni cosa triste e malvagia e volgerla in splendore e felicità.
E cerco allora il motivo di tanta gioia, ma non ne trovo alcuno e non posso che sorridere di me. Credo che il segreto altro non sia che la vita stessa; la profonda oscurità della notte è bella e soffice come il velluto, a saperci guardare.
E anche nello stridere della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della guardia risuona un canto di vita piccolo e bello, se solo ci si presta orecchio.
In quei momenti penso a voi, a quanto mi piacerebbe potervi dare la chiave di questo incanto, perché vediate sempre e in ogni situazione quel che nella vita è bello e gioioso, perché anche voi possiate sentire questa ebbrezza e camminare su un prato dai mille colori.
Non intendo in alcun modo saziarvi d'ascetismo, di gioie immaginarie. Vi concedo, anzi, ogni reale piacere dei sensi.
Vorrei soltanto donarvi, in aggiunta, la mia inesauribile letizia interiore, così da poter essere serena riguardo a voi, pensando che attraversate l'esistenza avvolte in un mantello trapunto di stelle, in grado di proteggervi da quanto è meschina, dozzinale e angosciante.
Ahimé, Sonicka, qui ho provato un dolore molto intenso. Nel cortile dove vado a passeggiare arrivano di frequente carri dell'esercito, zeppi di sacchi o vecchie giubbe e casacche militari, spesso con macchie di sangue. Vengono scaricate, distribuite nelle celle per i rattoppi e quindi di nuovo caricate e rispedite all'esercito.
Qualche tempo fa è arrivato un carro tirato da bufali anziché da cavalli. Per la prima volta ho visto questi animali da vicino. Di struttura sono più robusti e più grandi rispetto ai nostri buoi, hanno teste piatte e corna ricurve verso il basso, il cranio è più simile a quello delle nostre pecore, completamente nero e con grandi occhi mansueti. Vengono dalla Romania, sono trofei di guerra...
I soldati che conducono il carro raccontano quanto sia stato difficile catturare questi animali bradi, e ancor più difficile farne bestie da soma, abituati com'erano alla libertà. Furono presi a bastonate in modo spaventoso, finché non valse anche per loro il detto <>...
Soltanto a Breslavia, di questi animali, dovrebbe esservene un centinaio; avvezzi ai grassi pascoli della Romania, ora ricevono cibo misero e scarso. Vengono sfruttati senza pietà, per trainare tutti i carichi possibili, e assai presto si sfiancano.
Qualche giorno fa arrivò dunque un carro pieno di sacchi, accatastati a una tale altezza che i bufali non riuscivano a varcare la soglia della porta carraia. Il soldato che li accompagnava, un tipo brutale, prese allora a batterli con il grosso manico della frusta in modo così violento che la guardiana, indignata, lo investì chiedendogli se non avesse un po' di compassione per gli animali.
<> rispose quello con un sorriso maligno, e batté ancora più forte... Gli animali infine si mossero e superarono l'ostacolo, ma uno di loro sanguinava...
Sonicka, la pelle del bufalo è famosa per essere assai dura e resistente, ma quella era lacerata. Durante le operazioni di scarico gli animali se ne stavano esausti, completamente in silenzio, e uno, quello che sanguinava, guardava davanti a sé e aveva nel viso nero, negli occhi scuri e mansueti, un'espressione simile a quella di un bambino che abbia pianto a lungo. Era davvero l'espressione di un bambino che è stato punito duramente e non sa per cosa né perché, non sa come sottrarsi al tormento e alla violenza bruta... gli stavo davanti e l'animale mi guardava, mi scesero le lacrime - erano le sue lacrime; per il fratello più amato non si potrebbe fremere più dolorosamente di quanto non fremessi io, inerme davanti a quella silenziosa sofferenza.
Quanto erano lontani, quanto irraggiungibili e perduti i verdi pascoli, liberi e rigogliosi, della Romania! Quanto erano diversi, laggiù, lo splendore del sole, il soffio del vento, quanto era diverso il canto armonioso degli uccelli o il melodico richiamo dei pastori! E qui... questa città ignota e abominevole, la stalla cupa, il fieno nauseabondo e muffito, frammisto di paglia putrida, gli uomini estranei e terribili e... le percosse, il sangue che scorre giù dalla ferita aperta.
Oh mio povero bufalo, mio povero, amato fratello, ce ne stiamo qui entrambi così impotenti e torpidi e siamo tutt'uno nel dolore, nella debolezza, nella nostalgia. Intanto i carcerati correvano operosi qua e là intorno al carro, scaricavano i pesanti sacchi e li trascinavano dentro l'edificio; il soldato invece ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni, se ne andò in giro per il cortile ad ampie falcate, sorrise e fischiettò tra sé una canzonaccia.
E tutta questa grandiosa guerra mi passò davanti agli occhi... Scrivetemi presto.
Vi abbraccio, Sonica
La vostra R.
Sonjusa, carissima, siate nonostante tutto calma e lieta. Così è la vita, e così bisogna prenderla, con coraggio, impavidi e sorridenti - nonostante tutto.
Buon Natale!

Rosa Luxemburg
(citata in Figure della nostra storia, CIPEC, quaderno n. 41)
www.cipec-cuneo.org

venerdì 16 ottobre 2009

Cap Levat in Svizzera!

Video registrati il 10 ottobre, durante la trasferta a Sissach di CAP LEVAT.

www.caplevat.it
www.myspace.com/caplevat
info@caplevat.it



mercoledì 14 ottobre 2009

"Terzo articolo definitivo per la pace perpetua.
'Il diritto cosmopolitico deve limitarsi alle condizioni di un'ospitalità universale'.

Qui, come nell'articolo precedente, non si parla di filantropia, ma di diritto, ed in questo senso 'ospitalità' significa il diritto di uno straniero di non essere trattato come nemico al suo arrivo nel territorio d'un altro paese. QUest'ultimo può rifiutarlo, quando ciò non comprometta la sua esistenza; ma finché rimane pacificamente al suo posto, non può trattarlo ostilmente. Ciò cui può pretendere non è un diritto di ospitalità, ma un diritto di visita, che autorizza ogni uomo ad offrirsi come componente della società, in virtù del diritto al comune possesso della superficie della terra. Dato che tale superficie è sferica, gli uomini non si possono su di essa disperdere all'infinito, ma devono infine rassegnarsi a vivere gli uni accanto agli altri, ma originariamente nessuno ha più diritto di un altro di occupare una determinata porzione di terra.
(...)
Se ora si paragona la condotta inospitale degli Stati civilizzati, e specialmente degli Stati commercianti del nostro continente, l'ingiustizia da essi dimostrata della loro condotta nella visita (che per loro è sinonimo di conquista) di paesi e popoli stranieri, non può non fare inorridire. L'America, i paesi dei popoli neri, il Capo di Buona Speranza eccetera, per gli scopritori erano terra di nessuno (territori che non ppartenevano a nessuno); essi infatti non tenevano alcun conto degli indigeni. Nelle Indie orientali, col pretesto di stabilire semplici scali commerciali, essi introdussero truppe straniere, e con esse oppressero gli indigeni, suscitarono estese guerre tra i diversi Stati; vi provocarono carestie, rivolte, tradimenti e tutta la litania dei mali che possono affliggere l'umanità.
(...)
La cosa peggiore (o migliore, se si giudica dal punto di vista morale) è che essi non godono mai di tutte queste violenze, che tutte queste società commerciali sono sull'orlo della rovina, che le isole dello zucchero, sede della schiavitù più crudele e più raffinata, non forniscono un reale guadagno, e sono utili solo indirettamente, e per un fine non molto lodevole, cioè per la formazione di marinai per la marina militare, quindi ancora per condurre guerre in Europa; e questo per potenze che fanno gran mostra di devozione, e che, mentre commettono ingiustizie come si beve un bicchiere d'acqua, vogliono farsi passare per campioni di rispetto del diritto.

Dato che l'interdipendenza (più o meno stretta) tra i popoli della terra si è estesa a tal punto, che la violazione del diritto in un punto della terra è avvertita dovunque, l'idea d'un diritto cosmopolitico non è affatto una rappresentazione fantastica ed esagerata del diritto, ma un necessario completamento del codice non scritto, che al di là del diritto statale e internazionale tende verso un diritto pubblico dell'umanità, e pertanto alla pace perpetua, alla quale ci si può lusingare di avvicinarsi continuamente solo a questa condizione."

Immanuel Kant, Per la pace perpetua, traduzione e cura di Alberto Bosi, ed. Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole, 1995, pp.136-38

martedì 6 ottobre 2009

Ernesto Guevara

Ernesto Che Guevara, un comunista
Antonio Moscato
tratto da Il Manifesto 05/10/2009

Non è sorprendente che i fascisti di Casa Pound cerchino di appropriarsi del «mito del Che». Il 9 ottobre “celebreranno” la morte di Guevara presentando un libro di Mario La Ferla, L’altro Che. Ernesto Guevara, mito e simbolo della destra militante, Stampa Alternativa, Roma, 2009 con la partecipazione di vari oratori anche “di sinistra”, ma non dell’autore (la casa editrice, pare, non voglia).
Presentarsi a volte come rivoluzionaria, è una vecchia tecnica della destra, dal fascismo “diciannovista” di Mussolini in poi. Per giunta in questo caso non fanno nessuna fatica a utilizzare il libro di Mario La Ferla, che parla del Che per poche pagine (con sviste e sfondoni vari), e per il resto è una rifrittura di luoghi comuni su Catilina, D’Annunzio, Pavolini, Bombacci, Perón, il «nazional-bolscevico» Limonov, ecc. Tra i suoi “autori” c’è perfino quell’Andrea Insabato, che mise una bomba al manifesto.
La Ferla è stato spinto a occuparsi di Guevara da un articolo di Gabriele Adinolfi, presentato nel libro in termini apologetici. Si capisce perché: l’autore ha semplicemente scaricato la presentazione del terrorista nero fondatore di Terza posizione dal suo sito. Il libro rivela poche e superficiali letture, segnalate alla rinfusa, tra cui spicca Alvarito Vargas Llosa. A Casa Pound non si sono sbagliati quindi a invitare La Ferla. Glielo lasceremmo proprio volentieri. Ma Guevara no.
La Ferla tenta di accreditare un Che di destra perché “influenzato da Perón”, di cui evidentemente non sa nulla, e che considera tout court fascista. Un contatto diretto tra i due vi fu, non durante il viaggio del 1959 nei paesi ex coloniali, come scrive, ma nel 1964, e aveva ben altro senso. Era stato preparato da molti peronisti di sinistra che si addestravano a Cuba (e che formeranno successivamente i montoneros). La direzione cubana aveva offerto allora senza successo a Perón, ancora appoggiato da gran parte della classe operaia argentina, di trasferirsi a Cuba per preparare un ritorno di lotta. L’ambiguità di Perón si doveva chiarire –con la tragica svolta a destra -solo dopo il suo ritorno in patria. Su questo esiste l’intero Quaderno n.3 della fondazione Guevara, con preziose testimonianze di argentini.
Era comunque inverosimile che Perón abbia presentato il Che a Boumedienne: il rapporto di Guevara con l’Algeria era strettissimo, ma con Ben Bella, con cui c’era una sintonia profonda. Il colpo di Stato di Boumedienne parve e fu una catastrofe per l’impresa congolese in preparazione.
Ma lasciamo da parte le polemiche con questo libro raffazzonato, e funzionale all’operazione di Casa Pound.
La vera incompatibilità tra i fascisti di qualunque genere e il Che nasce da alcune caratteristiche essenziali del pensiero e dell’azione di Guevara. Prima di tutto dal suo internazionalismo, al tempo stesso etico (sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato in qualsiasi parte del mondo) e materialista (stabilire intese con altri paesi produttori di zucchero, per evitare di farsi la concorrenza).
Altrettanto lontano dal fascismo, anzi anti-fascista, il suo “dobbiamo saper essere duri senza perdere la tenerezza”, che difendeva come inevitabili le misure di autodifesa di una rivoluzione uscita da una lotta feroce, ma vigilava contro i pericoli di involuzione autoritaria. Esemplare un discorso severissimo del ’62 ai membri della Seguridad contro la tendenza a inventarsi nemici.
Un’altra caratteristica del Che, che lo rendeva diversissimo non solo dai politici borghesi (democratici o fascisti) ma anche da quelli del “socialismo reale”, era l’assenza di ogni indulgenza per i propri errori, in cui ricercava la prima causa di ogni male.
Ma basterebbe l’internazionalismo del Che a ridicolizzare ogni pretesa di annetterlo al fascismo. Un internazionalismo che presto rifiuta ogni “campismo”, e cerca legami diretti con i movimenti di liberazione, non con gli Stati, e anzi ne vuole controbilanciarne l’influenza. Basterebbe aver letto il Messaggio alla Tricontinentale e il Discorso di Algeri, con le sue critiche severe ai “paesi socialisti”, per capirlo. Va detto con tristezza che gran parte della sinistra, anche quando rende omaggio al Che, ne ignora questa dimensione. E a chi cerca di annetterselo come “fascista di sinistra”, raccomandiamo la lettura di un testo emozionate, e attualissimo, del Che Guevara Lettera ai giovani comunisti.
È vero che c’era anche chi cantava “il Che Guevara ci piace si, perché invece di parlare spara”; se il Che fosse stato solo questo, ogni annessione sarebbe possibile. Ma Guevara non si limitava a sparare, parlava, anche se inascoltato (anche a Cuba), per la sua preziosa e lungimirante riflessione sulla crisi imminente di quello che si sarebbe arrogantemente proclamato il “socialismo reale”: una critica da un punto di vista marxista.
Difficile in questo spazio ricostruire la complessità del pensiero del Che - (una trattazione ben più ampia può essere scaricata dal sito:http://antoniomoscato.altervista.org/ , che contiene anche alcuni testi inediti, che dimostrano che Guevara non era un generico ribelle. Anche se non è stato un grande pensatore paragonabile a Lenin, Rosa Luxemburg o Trockij, è stato un grande riscopritore del marxismo critico, “senza calco né copia”. E non era un
compito facile, dopo decenni di mistificazioni socialdemocratiche e staliniste. E, concludendo, c’è da dire che più semplicemente è stato un comunista.

domenica 4 ottobre 2009

«Lo scudo fiscale distrugge la credibilità dello Stato»


Tito Boeri, economista della Bocconi, risponde alla richiesta del “Fatto” al capo dello Stato di non firmare.

Questa è una legge incivile, ma credo che Napolitano abbia già fatto quello che poteva evitando gli venisse presentata in una forma anche peggiore di quella attuale», dice al “Fatto” il professor Tito Boeri, economista della Bocconi e animatore del sito lavoce.info.

C’era bisogno di fare uno scudo fiscale per portare in Italia i capitali degli evasori?

Con lo scudo un po’ di capitali rientreranno ma molti ne usciranno. Perché chi ha portato i soldi fuori e non ha pagato le tasse viene premiato e quindi continuerà a farlo. Approvare un condono significa preparare il terreno per i successivi, perché si riducono gli incentivi dei contribuenti ad avere un corretto rapporto con il fisco. E questo è ancora più grave perché in campagna elettorale Tremonti aveva promesso in televisione, davanti agli italiani, che non ci sarebbero più stati condoni dopo quelli varati nei precedenti governi Berlusconi.

Quindi chi ci guadagna sono solo gli evasori che, pagando il cinque per cento della somma da rimpatriare possono mettersi in regola con il fisco?

Sì, è un regalo. Lo scudo, per come è stato strutturato, si configura come una vera e propria amnistia per molti reati societari. Anche in questo è diverso dalle misure che sono state adottate in altri Paesi, come gli Stati Uniti e Gran Bretagna, dove il rimpatrio dei capitali sottratti al fisco è fino a dieci volte più costoso che in Italia ed è accompagnato da operazioni di trasparenza che costringono gli evasori a rivelare la propria identità e come hanno nascosto i capitali. Una “disclosure” che serve a impedire che in futuro le stesse persone (e altre) commettano gli stessi reati. Da noi c’è l’amnistia, l’anonimato e ce la si cava pagando il 5 per cento. Un vero incoraggiamento a delinquere.

Ammettiamo che Tremonti abbia ragione e che all’erario servano con urgenza soldi freschi. C’erano altri modi per trovarli?
C’è sempre la possibilità di riallocare la spesa pubblica senza fare regali agli evasori. L’Europa in questo momento non ci assilla per recuperare 5 miliardi (questo sarebbe, nella migliore delle ipotesi, il gettito dello scudo) per non sforare i vincoli. L’Unione e i mercati ci chiedono di rendere il nostro debito pubblico sostenibile. Ciò che li preoccupa da questo punto di vista è l’abbassamento della guardia dal lato delle entrate compiuto da questo governo, con lo smantellamento di molti controlli. Gli annunci estivi della guardia di finanza e i procedimenti contro nomi noti sono stati mera propaganda. La verità è che ci sono state direttive ministeriali per ridurre i controlli fiscali e quelli sui contributi sociali. Non è credibile che si debbano aspettare le entrare dello scudo per ridurre le tasse sul lavoro.

Perché non si sono utilizzati per questo i 12 miliardi risparmiati con l’abbassamento dei tassi di interesse sui titoli pubblici?

Non è certo facendo regali agli evasori - e alle banche che riceveranno questi capitali - che si esce dalla recessione.

Il Partito democratico ha annunciato battaglia ma, finora, è stato poco incisivo. Su cosa dovrebbe battere per incidere sull’opinione pubblica?

Sì, dall’opposizione si sono levate rare voci critiche contro la politica economica inesistente di questo governo. Dovrebbe invece chiedere al governo di fare proprio in questo momento le riforme di cui il Paese ha bisogno per uscire dalla crisi, a partire dagli ammortizzatori sociali. E di tagliare le rendite, cominciando dalle concessioni televisive per arrivare ai contributi ai giornali di partito, cui sono andati gran parte dei ricavi della Robin tax, la tassa il cui ricavato doveva aiutare i più poveri. Il governo ha poi varato interventi selettivi a favore di gruppi di pressione, come la Fiat, che ha ottenuto i suoi incentivi targati Multipla bipower. E ora ne chiede di nuovi.

Tremonti le risponderebbe che c’è la crisi e non si poteva fare una politica economica più ambiziosa senza causare dissesti irreparabili nella finanza pubblica.

Questo non è corretto. L’Italia aveva la possibilità di fare manovre anticicliche e in disavanzo. Ma non le ha fatte. E il risultato è che il nostro paese sta facendo peggio degli altri pur non avendo vissuto crisi bancarie e bolle immobiliari. Misure come lo scudo fiscale peggiorano i conti pubblici perchè riducono in modo permanente la credibilità del fisco e della sua capacità di raccolta.. Come dimostrano i risultati di misure analoghe varate in passato da Berlusconi. I condoni rendono quindi il problema del debito pubblico strutturalmente più grave, perché viene percepito come più rischioso.

Sul “Fatto” Bruno Tinti ha spiegato perché il presidente della Repubblica non dovrebbe firmare lo scudo fiscale, perché questo spinge “il nostro Paese ancora più in fondo nel precipizio di immoralità che ci sta separando dai Paesi civili”. Che ne pensa?


Non sono un giurista e quindi non me la sento di giudicare se ci siano i margini per un intervento di questo tipo. Certo lo scudo contiene un’amnistia e viene introdotto come emendamento di un decreto. E questi sono fatti gravissimi. La mia impressione però è che Napolitano abbia già fatto molto. Credo sia grazie al suo intervento che è stata evitata la possibilità di usare lo scudo per i procedimenti penali in corso, come prevedeva la versione originale dell’emendamento Fleres che lo ha esteso al falso in bilancio. Ma anche così questa resta una legge incivile che dimostra come il vero problema politico che emerge da questa situazione sia l’approccio del governo alla crisi.


Intervista di Stefano Feltri (da Il Fatto Quotidiano n°5 del 27 settembre 2009)

martedì 22 settembre 2009

Battiamoci per una scuola migliore

A un anno dalle manifestazione più plateali della crisi i governi emettono dichiarazioni rassicuranti. Ma in Italia vi è il ricorso alla cassa integrazione, che comunque non può essere infinita, e si prevede un’ondata massiccia di licenziamenti (tra 700.000 e 1 milione entro il 2010). Nel complesso, i governi dei paesi capitalisti sono riusciti sinora ad affrontare la crisi senza particolari contraccolpi politici, né esplosione di tensioni sociali. Sono riusciti ad essere egemoni. Questa egemonia non è però assoluta: i lavoratori della INNSE di Milano, grazie ad una resistenza compatta e all’adozione di una forma di protesta radicale e comunicativa sono riusciti a spuntarla e a dare il segnale che si può contrastare il piano padronale e resistere. Le proteste sui tetti dei capannoni delle fabbriche si sono moltiplicate e si sono estese anche al settore dei precari della scuola.

Il ministro Gelmini vorrebbe, proprio nel primo giorno di scuola, un “giuramento” di fede e sottomissione politica (che ricorda altri giuramenti della storia). Tutto il nostro passato è oggetto di denigrazione e calunnia: “il ’68 è la causa di ogni male e deve essere estirpato”, “la stagione dei movimenti ha prodotto il terrorismo, i sindacati disordine ed inefficienza”, “il PCI è sempre stato tramite di stalinismo”, la resistenza fu criminale ed è equiparata all’avversario. Senza l’intervento del Cavaliere inviato dalla Provvidenza, l’ Italia, dal 1994, sarebbe comunista.

Da quest’anno, a fronte di un aumento del numero degli studenti, avremo 47.000 insegnanti in meno e 25.000 precari tra docenti e personale tecnico amministrativo. Nella nostra provincia i posti tagliati tra insegnanti e personale ATA sono più di 400. Molti non hanno più avuto la nomina già nella fase provinciale, ma l’impatto maggiore lo subiscono i precari della graduatorie d’istituto che da anni permettono alle scuole cuneesi di funzionare: sarà un licenziamento ancora più subdolo e silenzioso, perché vissuto individualmente in attesa di una chiamata che quasi certamente non arriverà. Non solo i precari sono stati colpiti dalla riduzione di organico, tantissimi docenti di ruolo con molta esperienza ed anzianità di servizio sono stati dichiarati in esubero e trasferiti, con disagi personali e compromissione della continuità didattica (scuola elementare di Cuneo con 5 insegnanti per coprire 30 ore settimanali, altro che maestro unico!).

Nei prossimi tre anni, secondo il programma del governo, la situazione peggiorerà ulteriormente in seguito ad un taglio della spesa per l’istruzione del 20% ed alla riduzione di personale di altre 150.000 unità. Il disegno del Ministro Gelmini, esplicitato più volte negli scorsi mesi, è quello di trasformare l’istruzione da bene pubblico che garantisce a tutti pari opportunità di apprendimento, in un servizio a domanda individuale, anche attraverso finanziamenti alle scuole paritarie, calpestando i valori della nostra Costituzione.

Auspichiamo che numerosi docenti e studenti facciano sentire la propria voce in maniera decisa e persistente contro le decisioni e le affermazione del ministro e del governo, affinché
-sia garantita un’istruzione libera, completa e aperta a tutti;
-vengano ripristinati gli 8 miliardi di euro sottratti alla scuola pubblica;
-vengano stanziati ulteriori fondi per la messa a norma di tutti gli edifici scolastici, per rendere sicure e decorose le scuole italiane e assicurare lavoro a migliaia di persone.

Si reperiscano i fondi necessari recuperando l’1% dell’evasione fiscale; tassando con aliquote pari a quelle degli altri paesi europei le grandi ricchezze e le rendite finanziarie; riducendo le spese per gli armamenti, partendo dal ritiro delle truppe dall’Afghanistan, per le quali, al contrario, il governo ha deciso di aumentare lo stipendio mensile.

Ripartire dal sociale

«Riteniamo che sia il momento di operare delle scelte che possano risolvere la crisi che stiamo vivendo e aprire la possibilità di esperienze sociali e culturali da valutare collettivamente nelle loro articolazioni, per un nuovo rapporto con la realtà ambientale e territoriale.»
Sono le parole di Peppino Impastato, all’epoca dell’apertura di Radio Aut (1976); ho visto in queste parole un consiglio profetico per la sinistra attuale, che dalle scorse elezioni politiche è entrata in una “crisi” che l’ha portata fuori dal parlamento nazionale prima, europeo poi. Questa situazione non si può che risolvere ricostruendo l’azione sociale, ripartendo dai territori offrendo proposte concrete ed agendo senza indugio, facendosi sentire, perché noi ci siamo ancora e siamo ancora convinti, anzi oggi ancor più di prima, che sia necessaria una forza di sinistra in Italia. Ed è inutile dirlo, una buona fetta di popolazione è di sinistra, semplicemente i loro voti sono suddivisi tra i settecentotredici partiti di cui nessuno riesce a superare la soglia minima. Ah, dimenticavo le provinciali: anche lì siamo stati cassati. Ma non ci perdiamo di coraggio, non ci piangiamo addosso: Rifondazione Comunista ha già messo in atto numerosi atti concreti per entrare nel vivo del conflitto sociale, dei problemi delle persone, come un partito come il nostro non dovrebbe mai smettere di fare. E così è nato il Partito Sociale, non un nuovo partito, semplicemente la forma sociale di un partito istituzionale: il PS è un organo del Prc, ma se quest’ultimo sparisse, il PS potrebbe continuare indipendentemente la sua lotta sociale. E per il momento conta solo questo, dato che i voti per un po’ saranno dispersi. Con il Ps nascono quindi i GAP (Gruppi di Acquisto Popolare) che, presenti anche a Cuneo ogni sabato mattina in via roma, angolo piazza Galimberti, vendono beni di prima necessità a prezzi popolari (pane a 1€/Kg, poi pasta, riso, olio ecc.). Sono nate le Brigate di Solidarietà attiva che, oltre l’aiuto nei campi abruzzesi, forniscono cibo e pasti agli insegnanti in proesta sul tetto del provveditorato agli studi di Benevento ecc. Poi la lotta al caro libri con lo spaccio di libri usati e organizzazione di ripetizioni gratuite per gli studenti (purtroppo a Cuneo non siamo riusciti a farlo), la costituzione di casse sociali per coloro che perdono il lavoro ecc.
Un’altra iniziativa che vorremo portare avanti è la costituzione di una biblioteca di circolo presso la nostra sede, dove già sono presenti un centinaio di volumi più materiale audiovisivo e riviste, contando su tutti gli interessati, affinché portino i loro libri lasciandoli a disposizione di coloro che li vogliono leggere. Il lavoro di catalogazione dev’essere terminato e ci vorrà tempo, ma contiamo di inaugurarla al più presto!
Venerdì 11 eravamo a Paesana a presidiare contro il razzismo leghista, in occasione della festa dei popoli padani, il 14 eravamo alla manifestazione contro i tagli alla scuola e il 19 per la libera informazione… C’è fermento, molte iniziative e soprattutto molto lavoro da fare: per questo chiediamo a tutti\e di venirci a trovare, anche solo per fare due chiacchiere, presso la nostra sede, così potrete visitare la biblioteca e se poi vi va, ci potrete aiutare a costruire un’azione sociale concreta e forte, per far rinascere la nostra Sinistra.

Articolo scritto per Adelante! (giornalino scaricabile su www.myspace.com/adelantecuneo)

giovedì 10 settembre 2009

Diario dall'abruzzo


di Gabriele Curti, GC Cuneo
http://rifondacuneo.blogspot.com


Tempera è uno dei comuni più colpiti dal sisma del 6 Aprile e da tutti i successivi, martoriato nelle abitazioni e con sette vittime. I riflettori non sono arrivati su questo piccolo paese, lontano solo 7 km dall'Aquila, a differenza della stessa l'Aquila e Onna.
I Compagni dei circoli abruzzesi di Rifondazione Comunista si sono subito mossi all'alba del terremoto, prima con l'acquisto di beni di prima necessità da distribuire alla popolazione sfollata, in seguito con la formazione delle Brigate di Solidarietà Attiva, per riunire tutti i Volontari sia abruzzesi che da tutta Italia, che si sono impegnati nella gestione dei campi delle tendopoli, uno a Camarda, l'altro a Tempera ai piedi del Gran Sasso, con l'obiettivo dell'auto-gestione del campo da parte delle popolazioni sfollate (passaggio già effettuato al campo di Camarda). Le Brigate sono nate dal Partito Sociale, progetto di Rifondazione con il fine di riorganizzarsi tra cittadini e consumatori per far fronte alla speculazione e al carovita, dove chi ci rimette per prima sono le persone comuni, i consumatori (lavoratori, pensionati, studenti, coppie di fatto, famiglie); il mezzo invece è espresso tramite iniziative come il GAP (Gruppi d'Acquisto Popolare) e le Brigate di Solidarietà Attiva appunto.
Da tutta Italia sono partite adesioni di disponibilità al volontariato, soldi, viveri, vestiti, giocattoli, prodotti per la pulizia e l'igiene.
Anche da Cuneo i Compagni si sono mossi per raccolte libere di acquisti da parte dei cittadini cuneesi, da portare personalmente ai campi di Tempera e Camarda, oltre ad offrire la propria disponibilità al lavoro. La necessità dei primi giorni era il cibo, i vestiari, ecc. ma non troppi volontari, invece a quattro mesi dall'emergenza il ricambio si fa più frequente per dar la possibilità a tutti di dare una mano e di dare il cambio a chi era attivo dai primi giorni.
Sette sono i Compagni che sono partiti da Cuneo la mattina di lunedì 3 Agosto, dopo 7-8 ore di viaggio l'arrivo al campo San Biagio di Tempera. Dopo la registrazione dei nominativi alla Protezione Civile e muniti delle pettorine di riconoscimento dei volontari, si inizia da subito con la distribuzione di cibo alla mensa. Dopo si preparano i turni dei volontari della settimana: colazione dalle 5e30 alle 9 del mattino, pulizia servizi igienici, smistamento dei prodotti, distribuzione dei vestiti allo Spaccio Popolare del campo, servizio mensa a pranzo, pulizia della cucina e una seconda dei servizi igienici, raccolta differenziata e ecologia (pulizia del campo da sigarette e cartacce sul terreno del campo), in seguito servizio mensa per la cena e pulizia della cucina. Inoltre molte altre attività, come il mantenimento del parco giochi per i bambini, cineforum la sera per lo svago della popolazione e dei volontari, concerti, biblioteca, punto-internet, ecc.
L'ambiente è familiare e informale, oltre che basato su una forma di auto-organizzazione e solidarietà. Da questo Rifondazione si vuole distinguere dai campi della Protezione Civile, dove l'organizzazione è gerarchica e militare (nulla togliere all'impegno dei volontari della Protezione e al loro tempismo militaresco in casi di emergenze), ma la base popolare e il fine auto-gestionale ci distingue dagli altri campi, rispecchiando gli ideali comunisti e di socialismo che i volontari sentono propri o simpatizzano. Questo però non compromette il campo e la sua popolazione. Nessuno viene selezionato né “indrottinato” politicamente. Ogni cittadino sfollato è libero nella sua idea ed opinione e i volontari non impongono nessun dogma né politica. Il nostro ideale pratico (e teorico) è proprio quello di concretizzare i bisogni di tutti (sia che siano politicamente di destra, sia di sinistra) tramite la Solidarietà Attiva (e quindi non la carità cattolica, ma la partecipazione attiva alla vita sociale).
Naturalmente abbiamo avuto l'occasione di ricevere tre dei ministri più simpatici e “vicini” alla popolazione (soprattutto politicamente e geograficamente): Bossi, Calderoli e Castelli, al campo di Camarda, o per meglio dire davanti al campo, perché i nostri Ministrelli sono andati a visitare una casa (che i giornali hanno presentato come: 'visita alla ricostruzione' quando essa è stata comprata e ricostruita da un privato con i propri soldi). Forte era la tentazione, pacifica, di chiedere loro il perché della loro presenza solamente istituzionale, quando: con il federalismo si tagliano i fondi al centro-sud, il finanziamento alla ricostruzione è stato affidato al Gratta e Vinci in seguito alla spesa di più di 400 milioni di Euro per la costruzione in tempo record dei palazzi sede del G8 2009 all'Aquila. Inoltre perchè vengono i ministri leghisti che del centro-sud non interessa nulla al dì fuori della “Padania”? Ma nelle Brigate vi è la norma comune, votata a maggioranza in assemblea tra volontari, di non compromettere il futuro della popolazione dei campi, che sian d'accordo o no. Come d'altrocanto è stato fatto in tema del G8, dove le Brigate hanno continuato il loro lavoro nel campo, invece di manifestare al corteo. La miglior protesta era continuare a lavorare socialmente con le persone che ne avevano bisogno, mentre gli 8 più grandi spendevano i nostri milioni e facevano propri i mezzi di comunicazione.
La situazione odierna nei paesi sfollati è che è stata superata l'emergenza, i cibi arrivati nei primi mesi continuano ad essere consumati; il problema maggiore è dove andranno gli sfollati quando si metterà in atto la decisione del governo di chiudere i campi delle tendopoli? la scadenza è il 15 Settembre. Si sa che sia il tempo (a differenza della costruzione della sede G8), sia i soldi (rimanenti), sia lo spazio geografico non basterà per dare la certezza diffusa dal governo per dare una casa a chi non l'ha più (e magari ha perso dei propri cari). “Grande idea” è lo spostare la popolazione, che rimarrà fuori dall'assegnazione delle case che si completeranno, in alberghi, anche al dì fuori dell'Abruzzo, quindi una “vacanza” forzata lontano dal proprio paese per chissà quanti mesi (ricordiamo che ancora molti sfollati di Assisi, ad esempio, vivono in container!). Molta era la sfiducia degli sfollati nel periodo subito dopo l'emergenza (tra l'altro censurate le proteste, ma filtrati soltanto i ringraziamenti al governo) che, ahimè, si sta avverando. Inoltre altri problemi si accumulano, come l'assegnazione tramite graduatoria alla popolazione, creando così sfollati di serie A e sfollati di serie B, con una conseguente guerra tra poveri (tra famiglie, tra etnie, etc), provvedimento votato a larga maggioranza, tranne il consigliere di Rifondazione che si è opposto.
Tutto il lavoro fatto e tutto il lavoro da fare comunque non può sostituire lo Stato che DEVE ridare una certezza, una vita, una dignità a chi si ritrova senza una casa, senza un lavoro e senza l'affetto delle persone mancate nel crollo durante il terremoto.
La collaborazione con il campo dei volontari cuneesi è durata una settimana (come all'incirca avviene il ricambio), fino alla domenica dopo, 9 Agosto, soddisfatti dell'aiuto fornito e dell'esperienza di forte impatto emotivo, ma con nel cuore un senso di amarezza dato dal fatto che noi possiamo tornare a casa a riposarci, ma gli altri Volontari? Tutti gli sfollati? Questi la casa non ce l'hanno più… e chissà quando potranno riaverla..

martedì 1 settembre 2009

Lu Cianto Viol - Festa Occitana


Sabato 30/08/2009 si è tenuta a Becetto, frazione di Sampeyre (CN), la venticinquesima edizione de "Lu Cianto Viol, musica e canti popolari sui sentieri della Valle Varaita". Da punti diversi della valle partono dei gruppi di persone con in mano ogni tipo di strumento (in particolari quelli della tradizione occitana come semitoun e ghironda) e confluiscono nel pomeriggio a Becetto, dove già numerose persone e musicisti li attendono. Così nasce una festa enorme dove tutti cantano, suonano e ballano con persone che non hanno mai visto prima, dove tutti si nutrono di sana polenta e formaggio e dove il divertimento è assicurato.
Sono andato mezza giornata e ho fatto alcuni video, che ho montato e riunito nel seguente video.

giovedì 27 agosto 2009

Partito Sociale


Fare qualcosa di concreto.
Fare da subito qualcosa di utile per sé e per gli altri.
Unirsi per affrontare le mille questioni di ogni giorno: la spesa, i figli, gli anziani, la salute. Anche il divertimento.
Unirsi perché la vita è diventata sempre più difficile e perché si è sempre più soli e da soli non si risolve nulla.
Questa è l’idea del Partito Sociale: fare piccole trasformazioni per preparare le grandi.
Prima di chiedere, costruire; prima di votare, organizzarsi.
Prima di lottare, e per farlo meglio, conoscere tutti quelli che hanno il nostro stesso problema.
Avere la testa nel futuro e le mani immerse nel presente.
Contro la politica fatta di favori, contro la politica fatta per i ricchi, riscoprire che la prima scelta politica di coloro che non hanno potere è associarsi, per trasformare oggi la vita quotidiana e domani la società.

www.partitosociale.org

PACCHETTO ANTICRISI
http://www.partitosociale.org/index.php?option=com_content&view=section&layout=blog&id=5&Itemid=54

Scarica il pacchetto anticrisi dal link sopra!
Funzionalità:
-come costituire un GAP (gruppo di acquisto popolare)
-come costruire una cassa di resistenza
-come difendere il posto di lavoro davanti ai cancelli
-come lottare per il diritto all'abitare
-come costruire sportelli sociali
-come tutelarsi legalmente


sabato 22 agosto 2009

Il ritorno a casa

(...)
O solitudine, tu patria mia, solitudine! Come a me parla, tenera e beata, la tua voce!
Noi non ci interroghiamo a vicenda né lanciamo rimostranze, aperti l'uno all'altra, passiamo per porte aperte.
Perché da te è tutto aperto e chiaro; e anche le ore scorrono qui su piedi più leggeri. Nel buio, infatti, più che alla luce, è faticoso sopportare il tempo.
Qui mi si dischiudono tutte le parole dell'essere, balzando dagli scrigni che le contengono: l'essere tutto vuol qui diventare parola, e tutto il divenire qui vuole imparare da me parola.
Ma laggiù in basso - là è vano qualsiasi discorso! Là la migliore saggezza è tacere e passare oltre: questo - adesso ho imparato!
Chi presso gli uomini tutto volesse comprendere, dovrebbe toccare tutto. Ma le mie mani sono troppo pulite per farlo. Già non sopporto di respirare il loro respiro; ahimè, aver dovuto vivere così a lungo in mezzo al loro strepito e al loro alito cattivo!
Oh silenzio beato intorno a me! Oh puri aromi! Oh, come questo silenzio attinge il suo puro respiro dalle profonde cavità del petto! Oh, come sta in ascolto, questo silenzio beato!
Ma laggiù in basso - là tutti parlano, e nessuno fa attenzione. Anche a propagare la saggezza propria con squillo di campane: ai mercanti sul mercato basterà far tintinnare pochi soldi, per sovrastarne il suono!
Tutti parlano presso di loro, nessuno è più capace di intendere. Tutto va a finire nell'acqua, nulla più in profonde sorgenti.
Tutti parlano presso di loro, ma nulla riesce più e giunge alla fine. Tutti starnazzano, ma chi ha voglia di rimanere in silenzio sul suo nido a covar l'uova?
Tutti presso di loro parlano, e tutto viene logorato a forza di parole. E ciò che ieri era troppo duro perfino per il tempo e la sua zanna: oggi penzola rosicchiato a brandelli dal muso degli uomini d'oggi.
Tutti presso di loro parlano, e tutto viene messo in piazza. E ciò che un tempo si chiamò segreto e intimità di anime profonde, oggi viene strombazzato per le strade da ogni genere di schiamazzatori.
O natura dell'uomo, bizzarra natura! Strepito per vicoli bui! Or sei di nuovo dietro di me: - il più grande dei miei pericoli è dietro di me!
Il più grande dei miei pericoli fu sempre quello di risparmiare gli altri e di averne compassione; e ogni natura umana vuol essere risparmiata e sopportata.
Con verità rattenute, con una mano folle e un cuore infatuato e ricco di piccole bugie compassionevoli: - così ho sempre vissuto tra gli uomini.
Ho seduto tra loro travestito, disposto a masconoscere me stesso, per poter sopportare loro, e ripetendo sempre a me stesso: "folle, tu non conosci gli uomini!"
Si disimpara a conoscere gli uomini, se si vive tra gli uomini: troppo in tutti gli uomini è solo facciata, - a che servono, tra loro, occhi che mirano e cercano nella lontananza!
E quando disconoscevano me: io, pazzo, proprio per questo avevo più riguardi per loro che per me: avvezzo alla durezza verso me stesso, e spesso vendicando su me stesso la mia clemenza.
Punzecchiato da mosche velenose e scavato, come una pietra, da molte gocce di perfidia, così sedevo in mezzo a loro e per di più cercavo di convincermi: "i piccoli non hanno colpa della loro piccolezza!"
Specialmente quelli che si dicono "i buoni", trovai che erano le più velenose delle mosche: essi punzecchiano in piena innocenza, essi mentono in perfetta innocenza: e come potrebbero essere giusti verso di me!
Chi vive in mezzo ai buoni, la compassione gli insegna a mentire. La compassione rende l'aria intanfita in tutte le anime libere. La scempiaggine dei buoni, infatti, è senza fondo.
Nascondere me stesso e la mia ricchezza - questo ho imparato laggiù in basso: perché non ne trovai uno che non fosse povero di spirito. Questa fu la menzogna della mia compassione: tutti li conoscevo - per ognuno la mia vista e il mio olfatto mi dicevano che cosa per lui fosse spirito a sufficienza e che cosa troppo spirito!
I loro saggi legnosi io lo chiamavo saggi e non di legno, - così imparai a ingozzare parole. I loro becchini: li chiamai ricercatori e sperimentatori, - così imparai a scambiare le parole.
I becchini si scavano le loro malattie. Sotto lo sfasciume di cose decrepite attendono esalazioni pestifere. Ma non si deve rimestare la melma. Bisogna vivere sui monti.
Le narici beate, aspiro di nuovo la libertà dei monti! Finalmente il mio naso è redento dal lezzo di tutto quanto è natura umana.
Solleticata da venti sottili come da vini frizzanti, la mia anima sternutisce, - sternutisce e grida a se stessa giubilante: Salute!

Così parlò Zarathustra.

Ed. Adelphi, 1978

venerdì 21 agosto 2009

Demetrio Stratos


Il 13 giugno di 30 anni fa moriva Demetrio Stratos, uno dei cantanti e musicisti più geniali che la storia della musica -per così dire- leggera abbia mai incontrato. Storico cantante degli Area, egli portò avanti ricerche individuali sullo strumento più naturale e più antico del mondo: la voce. Con questa sola egli teneva interi concerti, portando in giro le sue straordinarie sperimentazioni. La sua voce poi si univa alla musica eccentrica, provocante e avanguardistica della sua band, con cui incise diversi album, fra i quali ritengo particolarmente degni di nota: Arbeit macht frei, Crac!, Caution Radiation Area, Maledetti e Are(A)zione, quest'ultimo registrato live durante la festa del proletariato giovanile in Parco Lambro ('78).
Un video scelto tra i tanti: Cometa rossa (testo in greco).

Couple


Ellen von Unwerth - Galliono, Paris 1993, from Couples
(click on the image for a larger view)

venerdì 7 agosto 2009

Allevi, la musica e l'Osservatore

di Roberto Cotroneo
http://www.unita.it/news/86893/allevi_la_musica_e_losservatore


Abbandoniamo per un giorno i temi politici. E concentriamoci su quelli culturali. Ieri su un giornale molto particolare, "L'Osservatore Romano" è apparsa una recensione davvero interessante. Il critico musicale Marcello Filotei scrive un articolo fortemente polemico nei confronti del pianista Giovanni Allevi e della sua musica. Dice: "Giovanni Allevi non è affatto "strambo", è costruito con una cura assoluta ed è la rappresentazione oleografica del compositore, così come se l'aspetta chi non ha molta consuetudine con le sale da concerto". E più avanti: " il compositore marchigiano arriva e offre al pubblico quello che già conosce... E questa è la forza culturalmente pericolosa dell'operazione Allevi: convincerci che tutto quello che non capiamo non vale la pena di essere compreso. Rassicurati sul fatto che "non siamo noi ignoranti, sono loro che non sanno più scrivere una bella melodia", potremo finalmente andare fieri di non avere mai ascoltato Stravinskij".
La recensione del quotidiano della Santa Sede è molto stimolante. Non tanto per il fenomeno Allevi, che di per se ha pochissimo di interessante, quanto sul fatto che il pianista marchigiano definisce la sua musica: "classica contemporanea". In realtà la musica classica sta ad Allevi come la pizza napoletana sta a quella che vendono surgelata in Germania. E Allevi stesso è un fenomeno commerciale, che porta con se tutti i luoghi comuni sulla musica, sul pianoforte, sull'esecuzione pianistica. Qualunque persona di media cultura musicale capisce immediatamente di che musica si tratta: roba da aereoporto o studio dentistico, perfetta per rimanere in sottofondo. Ma é soprattutto una musica che non ha ambizioni, né di essere ricordata, né di essere ascoltata con emozione.
Eppure è ormai qualche anno che ci si sente ripetere sempre la stessa cosa. Allevi compositore strambo, ragazzino capace di incantare quando siede alla tastiera. E invece se lo ascolti dal vivo ti accorgi che il suo suono non è mai pulito, che la dinamica pianista di Allevi è incerta, e che persino la tecnica non è al livello di un pianista degno di questo nome. Per non parlare del livello delle composizioni. Ma queste cose non le scrive nessuno, perché i critici dei giornali non sono critici, ovvero non sono persone con una preparazione specifica per capire certe cose, ma sono giornalisti che esprimono giudizi. Ovvero persone prive di una vera preparazione che si inventano canoni che non esistono.
Il critico dell'"Osservatore" aggiunge: "In un Paese come l'Italia - dove c'è chi, come Alessandro Baricco, arriva a scrivere e dirigere film per spiegare che Beethoven è sopravvalutato - è abbastanza frequente che si cada nel tranello dell'artista svagato. Certo non è colpa dell'artista in questione, ma di un sistema scolastico fatto di flauti dolci e Fra Martino campanaro che spesso non fornisce gli strumenti per distinguere Arisa da Billie Holiday, figuriamoci Puccini da Allevi".
Io direi che è colpa di tutti. Di tutti quelli che hanno inventato casi, fenomeni, scrittori, geni della musica, artisti che non avevano peso e valore, per moda e per debolezza, e perché proni a un'industria culturale capace di manipolare i media. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi. È quello che vado a ripetere qui da mesi. Il crollo culturale di un paese che va di pari passo con il crollo morale. Riguardo ai flauti dolci, magari si insegnasse davvero a suonarli, sarebbe già qualcosa.

martedì 14 luglio 2009

domenica 28 giugno 2009

Lettera di Don Paolo Farinella al cardinal Bagnasco sul capo del governo

Ricevo e pubblico quanto segue.

Questa lettera, scritta da don Paolo Farinella, prete e biblista della diocesi di Genova al suo vescovo e cardinale Angelo Bagnasco, è stata inviata qualche settimana fa e circola da giorni su internet. Riguarda la vicenda Berlusconi, vista con gli occhi di un sacerdote. Alla luce degli ultimi fatti e della presa di posizione di Famiglia Cristiana che ha chiesto alla Chiesa di parlare, i suoi contenuti diventano attualissimi.

Egregio sig. Cardinale,

viviamo nella stessa città e apparteniamo alla stessa Chiesa: lei vescovo, io prete. Lei è anche capo dei vescovi italiani, dividendosi al 50% tra Genova e Roma. A Genova si dice che lei è poco presente alla vita della diocesi e probabilmente a Roma diranno lo stesso in senso inverso. E' il destino dei commessi viaggiatori e dei cardinali a percentuale. Con questo documento pubblico, mi rivolgo al 50% del cardinale che fa il Presidente della Cei, ma anche al 50% del cardinale
che fa il vescovo di Genova perché le scelte del primo interessano per caduta diretta il popolo della sua città.
Ho letto la sua prolusione alla 59a assemblea generale della Cei (24-29 maggio 2009) e anche la sua conferenza stampa del 29 maggio 2009. Mi ha colpito la delicatezza, quasi il fastidio con cui ha trattato - o meglio non ha trattato - la questione morale (o immorale?) che investe il nostro Paese a causa dei comportamenti del presidente del consiglio, ormai dimostrati in modo inequivocabile: frequentazione abituale di minorenni, spergiuro sui figli, uso della falsità come strumento di governo, pianificazione della bugia sui mass media sotto controllo, calunnia come lotta politica.

Lei e il segretario della Cei avete stemperato le parole fino a diluirle in brodino bevibile anche dalle novizie di un convento. Eppure le accuse sono gravi e le fonti certe: la moglie accusa pubblicamente il marito presidente del consiglio di "frequentare minorenni", dichiara che deve essere trattato "come un malato", lo descrive come il "drago al quale vanno offerte vergini in sacrificio". Le interviste pubblicate da un solo (sic!) quotidiano italiano nel deserto dell'omertà di
tutti gli altri e da quasi tutta la stampa estera, hanno confermato, oltre ogni dubbio, che il presidente del consiglio ha mentito spudoratamente alla Nazione e continua a mentire sui suoi processi giudiziari, sull'inazione del suo governo. Una sentenza di tribunale di 1° grado ha certificato che egli è corruttore di testimoni chiamati in giudizio e usa la bugia come strumento ordinario di vita e di governo. Eppure si fa vanto della morale cattolica: Dio, Patria, Famiglia. In
una tv compiacente ha trasformato in suo privato in un affaire pubblico per utilizzarlo a scopi elettorali, senza alcun ritegno etico e istituzionale.

Lei, sig. Cardinale, presenta il magistero dei vescovi (e del papa) come garante della Morale, centrata sulla persona e sui valori della famiglia, eppure né lei né i vescovi avete detto una parola
inequivocabile su un uomo, capo del governo, che ha portato il nostro popolo al livello più basso del degrado morale, valorizzando gli istinti di seduzione, di forza/furbizia e di egoismo individuale. I vescovi assistono allo sfacelo morale del Paese ciechi e muti, afoni, sepolti in una cortina di incenso che impedisce loro di vedere la "verità" che è la nuda "realtà". Il vostro atteggiamento è recidivo perché avete usato lo stesso innocuo linguaggio con i respingimenti degli immigrati in violazione di tutti i dettami del diritto e dell'Etica e della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, con cui il governo è solito fare i gargarismi a vostro compiacimento e per vostra presa in giro. Avete fatto il diavolo a quattro contro le convivenze (Dico) e le tutele annesse, avete fatto fallire un referendum in nome dei supremi "principi non negoziabili" e ora non avete altro da dire se non che le vostre paroline sono "per tutti", cioè per nessuno.

Il popolo credente e diversamente credente si divide in due categorie: i disorientati e i rassegnati. I primi non capiscono perché non avete lesinato bacchettate all'integerrimo e cattolico praticante, Prof. Romano Prodi, mentre assolvete ogni immoralità di Berlusconi. Non date forse un'assoluzione previa, quando vi sforzate di precisare che in campo etico voi "parlate per tutti"? Questa espressione vuota vi permette di non nominare individualmente alcuno e di salvare la capra della morale generica (cioè l'immoralità) e i cavoli degli interessi cospicui in cui siete coinvolti: nella stessa intervista lei ha avanzato la richiesta di maggiori finanziamenti per le scuole
private, ponendo da sé in relazione i due fatti. E' forse un avvertimento che se non arrivano i finanziamenti, voi siete già pronti a scaricare il governo e l'attuale maggioranza che sta in piedi in forza del voto dei cattolici atei? Molti cominciano a lasciare la Chiesa e a devolvere l'8xmille ad altre confessioni religiose: lei sicuramente sa che le offerte alla Chiesa cattolica continuano a diminuire; deve, però, sapere che è una conseguenza diretta dell'inesistente magistero della Cei che ha mutato la profezia in diplomazia e la verità in servilismo.

I cattolici rassegnati stanno ancora peggio perché concludono che se i vescovi non condannano Berlusconi e il berlusconismo, significa che non è grave e passano sopra a stili di vita sessuale con harem incorporato, metodo di governo fondato sulla falsità, sulla bugia e sull'odio dell'avversario pur di vincere a tutti i costi. I cattolici lo votano e le donne cattoliche stravedono per un modello di corruttela, le cui tv e giornali senza scrupoli deformano moralmente il nostro popolo con "modelli televisivi" ignobili, rissosi e immorali.
Agli occhi della nostra gente voi, vescovi taciturni, siete corresponsabili e complici, sia che tacciate sia che, ancora più grave, tentiate di sminuire la portata delle responsabilità personali. Il
popolo ha codificato questo reato con il detto: è tanto ladro chi ruba quanto chi para il sacco. Perché parate il sacco a Berlusconi e alla sua sconcia maggioranza? Perché non alzate la voce per dire che il nostro popolo è un popolo drogato dalla tv, al 50% di proprietà personale e per l'altro 50% sotto l'influenza diretta del presidente del consiglio? Perché non dite una parola sul conflitto d'interessi che sta schiacciando la legalità e i fondamentali etici del nostro Paese?
Perché continuate a fornicare con un uomo immorale che predica i valori cattolici della famiglia e poi divorzia, si risposa, divorzia ancora e si circonda di minorenni per sollazzare la sua senile svirilità? Perché non dite che con uomini simili non avete nulla da spartire come credenti, come pastori e come garanti della morale cattolica? Perché non lo avete sconfessato quando ha respinto gli immigrati, consegnandoli a morte certa?

Non è lo stesso uomo che ha fatto un decreto per salvare ad ogni costo la vita vegetale di Eluana Englaro? Non siete voi gli stessi che difendete la vita "dal suo sorgere fino al suo concludersi naturale"? La vita dei neri vale meno di quella di una bianca? Fino a questo punto siete stati contaminati dall'eresia della Lega e del berlusconismo?
Perché non dite che i cattolici che lo sostengono in qualsiasi modo, sono corresponsabili e complici dei suoi delitti che anche l'etica naturale condanna? Come sono lontani i tempi di Sant'Ambrogio che nel 390 impedì a Teodosio di entrare nel duomo di Milano perché "anche l'imperatore é nella Chiesa, non al disopra della Chiesa". Voi onorate un vitello d'oro.

Io e, mi creda, molti altri credenti pensiamo che lei e i vescovi avete perduto la vostra autorità e avete rinnegato il vostro magistero perché agite per interesse e non per verità. Per opportunismo, non per vangelo. Un governo dissipatore e una maggioranza, schiavi di un padrone che dispone di ingenti capitali provenienti da "mammona iniquitatis" , si è reso disposto a saldarvi qualsiasi richiesta economica in base al principio che ogni uomo e istituzione hanno il
loro prezzo. La promessa prevede il vostro silenzio che - è il caso di dirlo - è un silenzio d'oro? Quando il vostro silenzio non regge l'evidenza dell'ignominia dei fatti, voi, da esperti, pesate le parole e parlate a suocera perché nuora intenda, ma senza disturbarla troppo: "troncare, sopire ... sopire, troncare".
Sig. Cardinale, ricorda il conte zio dei Promessi Sposi? "Veda vostra paternità; son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo ... si fa peggio. Lei sa
cosa segue: quest'urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti... A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent'altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire" (A. Manzoni, Promessi Sposi, cap. IX). Dobbiamo pensare che le accuse di pedofilia al presidente del consiglio e le bugie provate al Paese siano una "bagatella" per il cui perdono bastano "cinque Pater, Ave e Gloria"?
La situazione è stata descritta in modo feroce e offensivo per voi dall'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che voi non avete smentito: "Alla Chiesa molto importa dei comportamenti privati. Ma tra un devoto monogamo [leggi: Prodi] che contesta certe sue direttive e uno sciupa femmine che invece dà una mano concreta, la Chiesa dice bravo allo sciupa femmine. Ecclesia casta et meretrix" (La Stampa, 8- 5- 2009).

Mi permetta di richiamare alla sua memoria, un passo di un Padre della Chiesa, l'integerrimo sant'Ilario di Poitier, che già nel sec. IV metteva in guardia dalle lusinghe e dai regali dell'imperatore Costanzo, il Berlusconi cesarista di turno: "Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni
(dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l'anima con il denaro" (Ilario di Poitiers, Contro l'imperatore Costanzo 5).

Egregio sig. Cardinale, in nome di quel Dio che lei dice di rappresentare, ci dia un saggio di profezia, un sussurro di vangelo, un lampo estivo di coerenza di fede e di credibilità. Se non può farlo il 50% di pertinenza del presidente della Cei "per interessi superiori", lo faccia almeno il 50% di competenza del vescovo di una città dove tanta, tantissima gente si sta allontanando dalla vita della Chiesa a motivo della morale elastica dei vescovi italiani, basata sul principio di opportunismo che è la negazione della verità e del tessuto connettivo della convivenza civile.

Lei ha parlato di "emergenza educativa" che è anche il tema proposto per il prossimo decennio e si è lamentato dei "modelli negativi della tv". Suppongo che lei sappia che le tv non nascono sotto l'arco di Tito, ma hanno un proprietario che è capo del governo e nella duplice veste condiziona programmi, pubblicità, economia, modelli e stili di vita, etica e comportamenti dei giovani ai quali non sa offrire altro che la prospettiva del "velinismo" o in subordine di parlamentare alle dirette dipendenze del capo che elargisce posti al parlamento come premi di fedeltà a chi si dimostra più servizievole, specialmente se donne. Dicono le cronache che il sultano abbia gongolato di fronte
alla sua reazione perché temeva peggio e, se lo dice lui che è un esperto, possiamo credergli. Ora con la benedizione del vostro solletico, può continuare nella sua lasciva intraprendenza e nella tratta delle minorenni da immolare sull'altare del tempio del suo narcisismo paranoico, a beneficio del paese di Berlusconistan, come la stampa inglese ha definito l'Italia.

Egregio sig. Cardinale, possiamo sperare ancora che i vescovi esercitino il servizio della loro autorità con autorevolezza, senza alchimie a copertura dei ricchi potenti e a danno della limpidezza delle verità come insegna Giovanni Battista che all'Erode di turno grida senza paura per la sua stessa vita: "Non licet"? Al Precursore la sua parola di condanna costò la vita, mentre a voi il vostro "tacere" porta fortuna.

In attesa di un suo riscontro porgo distinti saluti.

Genova 31 maggio 2009
Paolo Farinella, prete

mercoledì 24 giugno 2009

Ecco come vive il nostro amato mister president!

QUESTO VIDEO É STATO CENSURATO SU YOUTUBE!
Vi presentiamo questo telegiornale spagnolo nel quale si parla dello scandalo di Berlusconi ed i suoi rapporti con le "veline", tra cui ricordiamo c'é il primo ministro delle pari opportunitá Mara Carfagna. All'estero, dove c'è pluralitá dell'informazione e non si é sotto dittatura mediatica com in Italia, le notizie sull'Italia riescono ad affiorare.

ATTENZIONE: In Italia come in Cina si censura internet.
Venerdì 5 giugno, il network spagnolo “La Cuatro”, trasmetteva, nell’ambito del suo telegiornale, un servizio su Berlusconi e le foto di Villa Certosa già pubblicate dal quotidiano spagnolo “El País”. Sabato 6 giugno, sottotitolavamo in italiano questo servizio e lo mettevamo su Youtube (sito per la condivisione di video).
Poiché queste (e molte altre) notizie vengono sistematicamente censurate in Italia, i cittadini italiani, affamati di informazioni altre, da domenica hanno letteralmente preso d’assalto questo servizio giornalistico di una televisione libera, con una media di 15.000 visite al giorno. Inoltre in molti hanno voluto esprimere il loro parere, lasciando un commento al servizio tv che avevano appena visto.
Comincia la censura: martedì 9 giugno ci scrivono in molti dicendo che questo telegiornale è stato censurato da parte di chi tentava di mostrarlo su Facebook (popolare sito per la comunicazione tra le persone). Giovedì 11 giugno, dopo più di 56.000 viste, Youtube ci comunica la soppressione del video perché “Viola le norme della community”. Pertanto questo telegiornale viene oscurato al pubblico italiano e vengono così anche cancellati i quasi 200 commenti che dei liberi cittadini avevano scritto riguardo questo servizio.
Ci chiediamo quali siano queste norme violate: un telegiornale nazionale non può essere coperto da copyright, perché fa parte del diritto costituzionale all’informazione.
Ci viene il dubbio che, con le nuove normative sulla censura, di fatto, questi siti (Youtube, Facebook, ecc.) siano sotto ricatto del governo che, oltre a controllare tutti i media, vuole riuscire a controllare anche l’unico mezzo di libera comunicazione rimasto in Italia: internet.
Vi preghiamo di divulgare questa informazione perché quel che è successo è di una gravità inaudita: è un vero attacco alla poca libertà di informazione rimasta in Italia, che ci equipara sempre più alla censura che la Cina compie su internet.


(http://buzzintercultura.blogspot.com/2009/06/berlusconi-e-le-veline-le-foto.html)

Altri video: http://buzzintercultura.blogspot.com/2009/06/belusconi-avrebbe-fatto-700-foto-con.html

Berlusconi e la mafia (breve documentario):http://buzzintercultura.blogspot.com/2009/06/berlusconi-e-la-mafia.html

http://buzzintercultura.blogspot.com/

Il deserto dei tartari

(...)

Dal deserto del nord doveva giungere la loro fortuna, l'avventura, l'ora miracolosa che almeno una volta tocca a ciascuno. Per questa eventualità vaga, che pareva farsi sempre più incerta col tempo, uomini fatti consumavano lassù la migliore parte della vita.
Non si erano adattati alla esistenza comune, alle gioie della solita gente, al medio destino; fianco a fianco vivevano con la uguale speranza, senza mai farne parola, perché non se ne rendevano conto o semplicemente perché erano soldati, col geloso pudore della propria anima.
Forse anche Tronk, probabilmente. Tronk inseguiva gli articoli del regolamento, la disciplina matematica, l'orgoglio della responsabilità scrupolosa, e si illudeva che ciò gli bastasse. Pure se gli avessero detto: sempre così fino che vivi, tutto uguale fino in fondo, anche lui si sarebbe svegliato. Impossibile, avrebbe detto. Qualche cosa di diverso dovrà pur venire, qualche cosa di veramente degno, da poter dire: adesso, anche se è finita, pazienza.
Drogo aveva capito il loro facile segreto e con sollievo pensò di esserne fuori, spettatore incontaminato. Fra quattro mesi, grazie a Dio, egli li avrebbe lasciati per sempre. Gli oscuri fascini della vecchia bicocca si erano ridicolmente dissolti. Così pensava. Ma (...) perché Drogo sentiva il desiderio di fischiettare un poco, di bere vino, di uscire all'aperto? Forse per dimostrare a se stesso di essere veramente libero e tranquillo?

da Dino Buzzati, Il deserto dei tartari

domenica 21 giugno 2009

Lettera di Bettina a Goethe su Beethoven


Bettina von Arnim (1785 - 1859), scrittrice, cantante e altro ancora, amica di Goethe, conobbe da vicino Beethoven e il 28 maggio del 1810 scrisse la seguente lettera al poeta, in cui affiorano qualità dell'uomo e del compositore Beethoven.



Vienna, 28 maggio 1810

…E’ Beethoven di cui ti voglio oggi parlare. Quando sono in sua compagnia, io dimentico il mondo e dimentico anche te. Sono, è vero, ancora minorenne; pure so di non sbagliare se affermo, ciò che oggi forse nessuno capirà o vorrà credere, che egli nella sua interiore evoluzione avanza di gran lunga tutta l’umanità, e chissà se mai lo raggiungeremo. Io almeno ne dubito. Purché gli sia concesso di vivere fino a che sarà pienamente maturato in lui il portentoso e sublime mistero che anima il suo genio. Sì, possa egli raggiungere la sua meta sublime, ché certo egli allora ci lascerà in retaggio la chiave d’una conoscenza divina, che ci avvicinerà d’un gradino alla vera beatitudine.
A te posso ben confessarlo: io credo a un divino incanto come a un elemento della natura spirituale. Ora, quest’incanto Beethoven l’esercita con l’arte sua. Quand’egli ne parla, ne parla come d’un’arte magica. E invero in lui si va organizzando un’esistenza superiore, egli sente di essere il creatore d’una nuova base sensibile della vita dello Spirito. Spero che tu comprenderai ciò che voglio dire. Chi potrebbe sostituirci il suo genio? O da chi potremmo noi aspettarci un’opera che eguagli la sua? – Tutta la vita umana si svolge in lui come nel meccanismo d’un orologio, lui solo produce da se stesso l’imprevedibile, l’increato. E che potrebbe dare a lui il mondo, a lui, che prima del sorger del sole dà principio al suo sacro travaglio e quando è tramontato, appena si guarda intorno, a lui, che dimentica il cibo, e rapito nell’empito dell’entusiasmo, sorvola leggero sulla volgarità cotidiana?...
Egli ha tre abitazioni e si nasconde ora nell’una, ora nell’altra: la prima in campagna, la seconda in città, la terza sulla Mölkerbastei. Qui lo trovai, al terzo piano. Entrai senza farmi annunciare. Sedeva al piano. Gli dissi il mio nome ed egli mi accolse gentilmente e mi chiese se volevo sentire una canzone che aveva appunto composto. – Cantò allora, con voce ferma e incisiva, in modo da comunicare a chi l’ascoltava la profonda mestizia del canto, la canzone di Mignon. «E’ bella, non è vero?», mi domandò con calore, «è tanto bella! La voglio cantare ancora una volta». Gli fece grande piacere il mio giocondo applauso. «La maggior parte della gente,» osservò, «si commuove quando sente una bella canzone, ma son quelli che non hanno attitudini artistiche; gli artisti s’entusiasmano, non piangono.» Cantò poi un’altra tua canzone, che pure ha composto in questi giorni: «Non v’asciugate, non v’asciugate, soavi lagrime, da amor sgorgate.»
M’accompagnò a casa, e strada facendo mi disse cose meravigliose sull’arte. A starlo ad ascoltare ci voleva coraggio, perché parlava a voce alta e ogni tanto si fermava. Parlava con passione e diceva cose così sorprendenti che arrivai alla mia abitazione senz’accorgermene. C’era da noi a pranzo molta gente e fu grande la sorpresa quando ci videro entrare insieme. Dopo il pranzo si sedette al piano e sonò a lungo, meravigliosamente… Ci vediamo ogni giorno: o viene lui da noi, o vado io in casa sua. Per goder della sua compagnia, trascuro ogni altra cosa; la società, le gallerie, il teatro, lo stesso campanile di S. Stefano non hanno più attrattive per me. «Che vuol mai vedere lassù?» m’ha detto Beethoven. «Verrò a prenderla verso sera e faremo piuttosto insieme una passeggiata nei viali di Schönbrunn».
Ieri sono stata con lui in un magnifico giardino. Tutto era in fiore, le serre aperte, il profumo inebriante. Beethoven si fermò al sole, benché facesse un gran caldo, e mi disse: «Le poesie di Goethe esercitano un grande fascino su di me, non solo per il contenuto, ma anche per il ritmo. Quella sua lingua meravigliosa, che quasi scala di Giacobbe ci guida a un’esistenza superioree racchiude già in sé il segreto delle più sublimi armonie, mi rapisce in un’atmosfera musicale, per cui la composizione ne viene spontanea. Dal centro dell’ispirazione l’onda melodica si diffonde libera in tutte le direzioni. Io la seguo, la rincorro con ardore. Essa mi fugge dinanzi e scompare nell’intreccio dei motivi più diversi. Ma ben presto la riafferro con rinnovato ardore per non staccarmene più, e rapito nel giubilo della creazione ne centuplico le modulazioni, finché da ultimo l’originario pensiero musicale trionfante si riafferma in tutta la sua pienezza. E’ così che nasce una sinfonia. Sì, la musica è la mediatrice tra la vita dei sensi e quella dello spirito. Vorrei parlare di quest’argomento con Goethe; forse lui mi comprenderebbe. La melodia è la vita sensibile della poesia. Non è forse la melodia che attraverso la percezione dei sensi comunica al nostro sentimento la sostanza spirituale d’una poesia? Così nella canzone di Mignon tu senti, espresso nella melodia, tutto l’abbandono di quell’anima all’onda delle sensazioni e dei ricordi. E da questo sentimento rampollano sempre nuove creazioni melodiche. Lo spirito tende ad allargarsi fino ad abbracciare l’infinito, l’universale, fino ad accogliere e ad esprimere in un organismo complesso la fiumana dei sentimenti, che, nati da un semplice pensiero musicale, rimarrebbero altrimenti per sempre inespressi, ignorati. Quest’è l’armonia, questo è il significato delle mie sinfonie. Un’onda di motivi, di forme ricche, lussureggianti liberamente si svolge fino a raggiungere la meta. Nulla meglio della musica ti dà la sensazione che ogni opera dello spirito contiene in sé alcunché d’eterno, d’infinito, d’inafferrabile, e benché il produrre sia sempre accompagnato in me dal sentimento della riuscita, pure mi struggo nell’insaziabile brama di ricominciare, come un bambino, daccapo, ciò che mi sembrava interamente compiuto con l’ultima battuta, con la quale avevo cercato d’imprimere indelebilmente nell’animo degli uditori la mia convinzione musicale, il mio gaudio supremo. Parli a Goethe di me e gli dica che ascolti le mie sinfonie; allora certamente converrà meco nell’affermare che la musica sola può schiuderci col suo linguaggio incorporeo le porte d’un mondo superiore di conoscenza, di cui l’uomo è, sì, parte, ma che egli non riuscirà mai a esplorare interamente…»
Gli promisi di scriverti tutto quanto aveva detto, così come l’avevo potuto capire. Mi condusse a una prova con piena orchestra… Qui vidi come questo genio titanico domina da sovrano il suo mondo. Ti dico che nessun re e nessun imperatore è così compreso del suo potere, nessuno come lui ha la sicura coscienza che tutta l’energia parte da lui solo…

martedì 26 maggio 2009

Il clavicembalista al pianoforte

(scritto sotto l’influsso di droghe miste, bachiane e gouldiane)

Pare che la musica venga da lui, non dal pianoforte, quell’uomo, rannicchiato dietro i tasti che sfiora.

…E nel silenzio immobile della sala vuota si insinua lentamente una carezzevole e melanconica melodia, che di silenzio è impregnata, che sa di polvere e di notte. Lui e il suo suono sono un’unica cosa: egli si culla nel tepore delle onde, muove la bocca e sussurra un canto, come a suggerire la melodia al pianoforte, e i suoi occhi, chiusi dietro buffi e smisurati occhiali, vedono un mondo fatto soltanto di suoni che si intersecano, quel mondo ineffabile e inafferrabile in cui l’uomo si sente beato, anche se solo, perché là non esistono parole e noiosi discorsi, là non c’è l’odore della nebbia d’autunno.

In breve, la musica riempie tutto lo spazio intorno, scorre a tratti veloce e fresca come un ruscello di montagna, con rapidi trilli bianchi, ora granitica ed incisiva come i passi di un gigante che da sopra le nuvole guarda ai movimenti affannati di noi che ci arrabattiamo in questo mondo, tra i rumori e i fumi quotidiani.

…E lui continua a suonare, per decine di minuti ininterrottamente, da solo, sullo sgabello storto e faticoso. Suona una musica senza tempo, e si abbandona totalmente ad essa, mentre fuori, al calar della sera, continua l’incessante movimento su strade e marciapiedi, dove la gente si mischia ma gli sguardi non s’incontrano e rumoreggiano marmitte clacson voci lamenti e veloci passi, in una sinfonia urbana dissonante e un po’ paurosa. La vita della gente, là fuori, da mattina a sera è di luci voci e fumo, non c’è spazio per il silenzio e la sua musica. Ma lui suona per sé e la musica canta per lui: la città potrebbe anche sprofondare e ogni cosa sparire, lui non ci baderebbe, continuerebbe a correre sui tasti del pianoforte e a ridere del vento…

(Strano pensare che questa musica sia stata fatta da un uomo. Anzi, tutta la musica: noi l’abbiamo creata dal nulla. Poi l’abbiamo anche dimenticata, proprio quando avremmo potuto goderne senza sforzi. Ma non serve più.
All’uomo ora servono le parole, tantissime, troppe inutili parole. Se non si possono dire si scrivono sulla rete, se capita il silenzio si ripara con la televisione o con le parole di una canzone che non impegni troppo, che parli magari d’amore o di certe notti. Ma dove non fossero necessarie le parole, anche l’amore sarebbe più bello.)


…che disperde le parole della gente, lasciando la notte nel freddo della luce notturna.

Quando stacca le mani dal pianoforte, la sala avvolta nella penombra, tutto è denso di poesia.

I rumori e le luci
giungono di lontano…
Dentro l’oscurità
sgorgano luci vive,
ululano frenetici
nell’abbandono triste
i suoni più gioiosi.
Giungono soffocati
a morire nel buio senza fondo,
come suicidi pallidi
folli ancora di amore per la vita.


(I versi conclusivi sono di Pavese, il resto può essere ricondotto all’esecuzione di Gould di una qualsivoglia opera bachiana.)

domenica 3 maggio 2009


Il suono veloce

La proposta futurista in campo musicale nasce dalla constatazione che la musica italiana (siamo nel 1910) era ridotta «ad una forma unica e quasi invariabile di melodramma volgare, da cui risulta l’assoluta inferiorità nostra di fronte all’evoluzione futurista della musica negli altri paesi». Sono parole del compositore Francesco Balilla Pratella (Manifesto dei musicisti futuristi), il quale utilizza l’aggettivo “futurista” con un’accezione decisamente ampia, estesa ben oltre il circolo marinettiano. Cita infatti quali musicisti futuristi tutti quei compositori che, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, hanno rivoluzionato la composizione musicale: Richard Strauss con le sue armonie “dilatate”, imparentate in un certo senso con Wagner e Mahler, Claude Debussy e le sue armonie innovative, dettate dal puro gusto eufonico e dalla volontà di esprimere precisi sentimenti collegati a immagini e ancora Elgar, Musorgskij, Sibelius, Glazunov… Tuttavia, la musica del futurismo vero e proprio, avrebbe dovuto spingersi ancora più in là (le scale per toni interi di Debussy erano un «sistema nuovo, ma pur sempre sistema»). E’ strano che Pratella non citi la scuola viennese di Schönberg, che nella sperimentazione aveva fatto passi da gigante, ma è possibile che non la conoscesse. Ecco cosa si propone il musicista futurista: la «libertà assoluta» nella sperimentazione; la «sintesi», ossia la concentrazione di sensazioni e avvenimenti in un ristretto ambito spazio-temporale; l’utilizzo dell’enarmonia (sperimentata da Silvio Mix e da Luigi Russolo), cioè l’utilizzo di intervalli inferiori al semitono, ed, infine, la poliritmia. Va detto che l’enarmonia era già stata sperimentata molte volte nella storia musicale: è chiaro che per i secoli antecedenti alla teorizzazione del buon temperamento di Andreas Werckmeister (1691) fosse prassi comune, ma venne riproposto già nel Rinascimento, per esempio dal Vicentino, nel suo trattato L’antica musica ridotta alla moderna pratica, il quale si fece anche costruire degli strumenti dimostrativi (l’arcicembalo e l’arciorgano) con tasti differenziati per diesis e bemolli (per capirci, il do diesis e il re bemolle erano intonati diversamente). Anche nella seconda metà dell’Ottocento vengono sperimentate da numerosi compositori minori le possibilità dell’enarmonia e tra Otto e Novecento sono investigate da Ives e Busoni, ancora prima dunque delle pretese di originalità avanzate dal futurismo.Nel 1912 Pratella pubblica La distruzione della quadratura, in cui auspica l’adozione del «ritmo libero, senza simmetria, come nei versi liberi di Paolo Buzzi». Ma Pratella aderisce al futurismo un po’ per comodo, senza essere in realtà esattamente convinto di tutte le idee che Martinetti tentava di inculcare nella mente dei suoi seguaci, anche compositori di musica. Riccardo Baccelli scrisse a Pratella nel 1911, dopo aver letto, probabilmente, il Manifesto dei musicisti: «Io le ho già detto che sono d’accordo, e si capisce, ma non capisco la parola “futurismo”. Non credo che lei l’abbia capita come Martinetti, per il quale vuol dire apoteosi delle macchine ecc. ecc. Per lei dev’essere, credo, l’espressione lirica della liberazione dall’insegnamento senza fosforo e senza sangue dell’arte ufficiale e gazzettistica, è vero? E allora basta una vecchia parola, sincerità. E poi temo che le forme (non sue; del Martinetti) creino un’accademia più stretta della vecchia».Marinetti parve un po’ il “dittatore artistico” del movimento da lui fondato, e molti aderirono forse unicamente per farsi conoscere dal pubblico, dato che quella era la maggiore avanguardia (in Italia) e non parteciparvi avrebbe significato essere escluso dalla vita culturale del paese. Molti compositori presero parte a serate futuriste ed ebbero applicata, più o meno sovente, quell’etichetta, pur non aderendo esplicitamente al movimento (per esempio, Casella, Malipiero, Respighi o addirittura Bartok). Tuttavia ci furono, tra i compositori, anche marinettisti convinti: Silvio Mix e Luigi Russolo, per indicare i più importanti. Luigi Russolo è l’inventore degli intonarumori e teorico della musica rumorista. Lo stesso Pratella utilizzò in alcune composizioni questi nuovi strumenti, per esempio nel brano che rappresenta il volo e la caduta del protagonista in L’aviatore Dro, in cui si nota la contrapposizione tra «un gruppo di intonarumori» e «la massa formata dagli altri strumenti musicali. Scoppiatori e Ronzatori con parte scritta con chiarezza e precisione sia per la durata e sia per le altezze e varietà d’intonazione relative a ciascun intonarumore. (…) Il loro timbro non si unisce agli altri elementi sonori come materia eterogenea, ma vi si unisce come un nuovo elemento sonoro, emotivo ed essenzialmente musicale» (così Pratella presentava sulla rivista Lacerba la sua composizione al pubblico). Gli intonarumori coprivano un intervallo di circa una decima e avevano alcune tacche sulla parte superiore che indicavano, in linea di massima, l’intonazione dello strumento. Essi passavano da un tono all’altro glissando. Il primo di questi strumenti, costruito da Luigi Russolo e Ugo Piatti venne presentato al Teatro Storchi di Modena il 2 giugno 1913 per poi giungere a Genova e a Londra. Luigi Russolo pubblicò nel 1913 il manifesto L’arte dei rumori, scritto in forma di lettera indirizzata a Pratella. «La vita antica fu tutta silenzio. Nel diciannovesimo secolo, coll’invenzione delle macchine, nacque il rumore. Oggi, il Rumore trionfa e domina sovrano sulla sensibilità degli uomini». Per Russolo «il suono musicale è anche troppo limitato nella varietà qualitativa dei timbri. Le più complicate orchestre si riducono a quattro o cinque classi di strumenti, differenti nel timbro del suono: strumenti ad arco, a pizzico, a fiato in metallo, a fiato in legno, a percussione. Cosicché la musica moderna si dibatte in questo piccolo cerchio, sforzandosi vanamente di creare nuove varietà di timbri. Bisogna rompere questo cerchio ristretto di suoni puri e conquistare la varietà dei “suoni-rumori”». E si spinge, da buon futurista, a “rinnegare” il passato affermando che «Beethoven e Wagner ci hanno squassato i nervi e il cuore per molti anni. Ora ne siamo sazi e godiamo molto più nel combinare idealmente i rumori di tram, di motori a scoppio, di carrozze e di folle vocianti, che nel riudire, per esempio, l’”Eroica” e o la “Pastorale”». Russolo definisce i luoghi da concerto tradizionali – riporto questa frase anche se non così importante, perché bellissima - «ospedali di suoni anemici» in cui «si opera una miscela ripugnante formata dalla monotonia delle sensazioni e dalla cretinesca commozione religiosa degli ascoltatori buddisticamente ebbri di ripetere per la millesima volta la loro estasi più o meno snobistica ed imparata». Questi intonarumori si differenziarono poi in: ronzatori, ululatori, rombatori, crepitatori, stropicciatori, scoppiatori, gorgogliatori e sibilatori e ciascuno di questi poteva avere un’ estensione nel registro grave, medio o acuto. A Milano, a casa di Martinetti, vennero presentati questi strumenti alla presenza di Stravinskij, Profof’ev e del coreografo Diaghilev. E’ noto a tutti, tuttavia, che gli intonarumori ebbero breve vita, né i grandi russi sopracitati li utilizzarono mai, anche se Prokof’ev, in un suo articolo apparso sulla rivista “Muzyka”, parla diffusamente e con tono favorevole degli intonarumori di Russolo. Diaghilev collaborò con artisti futuristi alla realizzazione di alcuni balletti, in particolare con Fortunato Depero e Giacomo Balla (con quest’ultimo realizzò Feu d’artifice con scenografia plastica e musica di Stravinskij). Depero, invece, che avrebbe dovuto realizzare con Diaghilev Le chant du rossignol (sempre di Stravinskij), finì per abbandonare il progetto per dedicarsi ai suoi “balli plastici”, in cui al posto di ballerini e ballerine venivano usate marionette, e si trovò così a collaborare con Casella, Malipiero e Chemenon (pseudonimo quasi certamente di Bela Bartok). I balli plastici non ebbero però un grande successo. Sempre in ambito teatrale, i futuristi crearono il Teatro della Pantomima futurista con Enrico Prampolini e musicisti come Respighi e, di nuovo, Casella. In questo contesto venne anche rappresentata La salamandra di Luigi Pirandello.Lo scarso successo della musica rumorista dei futuristi è dovuto probabilmente al fatto che la pretesa di inserire nella musica imitazioni di rumori provenienti dalla realtà industriale cittadina, non poteva avere grande successo per la natura stessa della musica che, se si riduce a pura imitazione di macchine e rumori, risulta priva di significato. Kandinskij scrisse (ne Lo spirituale nell’arte, uscito proprio in quegli anni) che «la natura ha il suo linguaggio, che ci raggiunge con forza irresistibile. E’ un linguaggio inimitabile. Voler rappresentare musicalmente un pollaio, per ricrearne l’atmosfera e farla vivere all’ascoltatore è un compito impossibile e inutile. Ogni arte può creare questa atmosfera, non imitandola naturalmente, ma riproducendone il valore interiore». Vero è che Russolo scrisse esplicitamente che l’Arte dei rumori non si sarebbe limitata ad una riproduzione imitativa, ma avrebbe attinto la sua «facoltà di emozione nel godimento acustico in sé stesso» e i ritmi e timbri vari sarebbero stati fantasticamente associati, per ottenere «le più complesse e nuove emozioni sonore», tuttavia, è chiaro che per quanto si combinino fantasiosamente i rumori, pur sempre tali restano. Ed è proprio da questo punto che Giovanni Papini parte per attaccare il futurismo dei marinettisti, dando vita alla polemica tra questi ultimi e il gruppo di artisti fiorentini (tra i quali Palazzeschi). Così egli scrisse nel 1914: «L’arte (…) torna natura greggia. (…) Ma se il metodo prendesse piede e si spingesse all’ultime conseguenze più rigorose ne verrebbe che il miglior quadro di natura morta è una camera ammobiliata, il miglior concerto l’insieme dei rumori d’una città popolosa; la miglior poesia lo spettacolo d’una battaglia colla sua cinematografia sonora; la più profonda filosofia quella del contadino che vanga o del fabbro che martella senza pensare a nulla. (…) L’amore giustissimo per la novità non ci deve acciecare». Boccioni replica insistendo sulle posizioni futuriste: «le nuove condizioni di vita in cui viviamo ci hanno creato un’infinità di elementi naturali completamente nuovi, e perciò mai entrati nel dominio dell’arte, e per i quali i futuristi si prefiggono di scoprire nuovi mezzi di espressione, ad ogni costo». La polemica rimane dunque aperta e nel 1915 viene chiarita in Lacerba la distinzione tra “futurismo” e “marinettismo”.Le sperimentazioni musicali continuano: Russolo nel 1925 brevetta l’ arco enarmonico e nel ‘27 il rumorarmonio (che soppianterà gli intonarumori, strumenti scomparsi non si sa come, probabilmente distrutti dalla guerra).Un altro importante compositore futurista, che entrò nel movimento ancora giovanissimo, è Silvio Mix, il quale godette peraltro di un discreto successo in vita. Nella sua musica, spesso, in omaggio a Stravinskij, «l’elemento tematico risulta piuttosto generico, mentre viene esaltato quello ritmico, ossessivo e contrappuntato da zone di maggiore abbandono». Un elemento del pensiero artistico futurista, ossia la sinestesia tra le arti, appare manifestamente sulla partitura del Profilo sintetico-musicale di Marinetti, dove Mix annuncia delle pubblicazioni future, forse in realtà mai realizzate, ma che mostrano questo intento, realizzato soprattutto nel campo teatrale. I titoli sono i seguenti:a) Potenza espansiva delle forze plastiche d’un paese (Commento musicale di un quadro di Antonio Marasco);b) Preludio e Finale per «Bianca e Rosso», sintesi di Filippo Tommaso Martinetti;c) Ritmi spaziali meccanizzati (Realizzazione musicale […] del quadro di Enrico Prampolini).Mix fu attivo, oltre che come compositore, come critico musicale per diverse riviste italiane. Recensì anche un concerto di Prokof’ev, ma risulta evidente che ne conosceva poco la musica. Così come molte “innovazioni” futuriste erano già state sperimentate fuori dall’Italia, così Prokof’ev, «in quanto a irruenza espressiva e poliritmia avrebbe potuto essere un valido “consigliere” per i musicisti futuristi: numerose sono le opere composte a quella data dal musicista russo che, con i loro continui, bruschi, laceranti scarti ritmici sono la testimonianza del fatto che la tanto agognata “distruzione della quadratura” era ormai un fatto compiuto». E’ interessante notare come alcuni elementi caratterizzanti l’arte musicale futurista vennero sperimentati, grosso modo negli stessi anni, da compositori che col futurismo non ebbero il minimo contatto. E’ un esempio la Sinfonia delle forze meccaniche di Carol-Bérard, scritta nel 1910 e perduta, nella quale i rumori erano resi in forma musicale e compariva anche una notazione per i rumori, come avverrà con l’arte di Russolo. Altri esempi sono il Ballet Méchanique (1925) di Gorge Antheil che imita il motore di un aeroplano e il celebre Pacific 231 di Honegger (1923), che descrive, secondo ciò il compositore stesso scrisse, i movimenti dal riposo al viaggio a 120 chilometri orari di un treno di trecento tonnellate lanciato nella notte.In conclusione, si può affermare che i compositori di musica futurista non furono grandissimi innovatori e forse i lavori più importanti sono quelli realizzati per il teatro, anche se la musica non era quasi mai di compositori aderenti al movimento. Va però riconosciuto che per alcuni aspetti influenzarono la musica del futuro, a partire dalla musica concreta, fino alle sperimentazioni di Varèse e di Cage, che in qualche modo furono da essi anticipate. Per esempio le Cinque sintesi per il teatro radiofonico di Martinetti prevedono o minuti di pausa (come sarà 4’33’’ di Cage) o un collage di rumori (come sarà, dello stesso, Radio Music). Inoltre, nel manifesto L’improvvisazione musicale, firmato da Aldo Mantia e Mario Barroccini, proposero l’evento artistico come divenire e sintetizzarono le basi della loro improvvisazione in tre punti, che sono vicini a sperimentazioni successive (anche nel campo del jazz e della musica leggera):1) esecuzioni sul pianoforte o altri strumenti;2) commenti musicali di versi, pensieri, quadri, profumi, tavole tattili ecc.;3) dialoghi, discussioni musicali tra due pianoforti, pianoforte e altro strumento, pianoforte e canto improvvisato, pianoforte e oratore improvvisatore.I musicisti futuristi, con il consolidamento del regime fascista, furono osteggiati ed accusati di dilettantismo. Per dare credibilità culturale al regime, occorreva una musica in qualche modo legata alla tradizione e che non si spingesse troppo nel campo sperimentale. Così il posto dei futuristi fu preso dai compositori della generazione dell’Ottanta (Pizzetti, Casella, Malipiero e Respighi) che restituirono all’Italia una dignità strumentale notevole e composero ottima musica. Così i lavori futuristi e i loro strumenti andarono persi e oggi quasi nulla rimane.

«Le qualità transitorie costituiscono il “moderno” di un’opera; quelle immutabili la perseverano dall’ “invecchiare”. Nel “moderno” come nel “vecchio” c’è del buono e del cattivo, dell’autentico e del falso. In senso assoluto il moderno non esiste – in arte esiste solo il nato prima e il nato dopo; ciò che fiorisce a lungo e ciò che in breve appassisce. Ci fu sempre del moderno e dell’antico». (F. Busoni, Saggio di una nuova estetica musicale, 1907)

Le citazioni, salvo diversa indicazione, sono tratte da:
-Stefano Bianchi, La musica futurista: ricerche e documenti, Libreria musicale italiana, Lucca, 1995;
-Daniele Lombardi, Il suono veloce: futurismo e futurismi in musica, Ricordi, Milano, 1996;-Manifesti futuristi reperibili su internet.
-Esiste anche un cd con musica futurista ed è Musica futurista: antologia sonora, a. c. di Daniele Lombardi, Fonit Cedra, FDM0007
Nell'immagine sopra, Luigi Russolo e Ugo Piatti con i loro Intonarumori.

Gianluca Cavallo