sabato 22 agosto 2009

Il ritorno a casa

(...)
O solitudine, tu patria mia, solitudine! Come a me parla, tenera e beata, la tua voce!
Noi non ci interroghiamo a vicenda né lanciamo rimostranze, aperti l'uno all'altra, passiamo per porte aperte.
Perché da te è tutto aperto e chiaro; e anche le ore scorrono qui su piedi più leggeri. Nel buio, infatti, più che alla luce, è faticoso sopportare il tempo.
Qui mi si dischiudono tutte le parole dell'essere, balzando dagli scrigni che le contengono: l'essere tutto vuol qui diventare parola, e tutto il divenire qui vuole imparare da me parola.
Ma laggiù in basso - là è vano qualsiasi discorso! Là la migliore saggezza è tacere e passare oltre: questo - adesso ho imparato!
Chi presso gli uomini tutto volesse comprendere, dovrebbe toccare tutto. Ma le mie mani sono troppo pulite per farlo. Già non sopporto di respirare il loro respiro; ahimè, aver dovuto vivere così a lungo in mezzo al loro strepito e al loro alito cattivo!
Oh silenzio beato intorno a me! Oh puri aromi! Oh, come questo silenzio attinge il suo puro respiro dalle profonde cavità del petto! Oh, come sta in ascolto, questo silenzio beato!
Ma laggiù in basso - là tutti parlano, e nessuno fa attenzione. Anche a propagare la saggezza propria con squillo di campane: ai mercanti sul mercato basterà far tintinnare pochi soldi, per sovrastarne il suono!
Tutti parlano presso di loro, nessuno è più capace di intendere. Tutto va a finire nell'acqua, nulla più in profonde sorgenti.
Tutti parlano presso di loro, ma nulla riesce più e giunge alla fine. Tutti starnazzano, ma chi ha voglia di rimanere in silenzio sul suo nido a covar l'uova?
Tutti presso di loro parlano, e tutto viene logorato a forza di parole. E ciò che ieri era troppo duro perfino per il tempo e la sua zanna: oggi penzola rosicchiato a brandelli dal muso degli uomini d'oggi.
Tutti presso di loro parlano, e tutto viene messo in piazza. E ciò che un tempo si chiamò segreto e intimità di anime profonde, oggi viene strombazzato per le strade da ogni genere di schiamazzatori.
O natura dell'uomo, bizzarra natura! Strepito per vicoli bui! Or sei di nuovo dietro di me: - il più grande dei miei pericoli è dietro di me!
Il più grande dei miei pericoli fu sempre quello di risparmiare gli altri e di averne compassione; e ogni natura umana vuol essere risparmiata e sopportata.
Con verità rattenute, con una mano folle e un cuore infatuato e ricco di piccole bugie compassionevoli: - così ho sempre vissuto tra gli uomini.
Ho seduto tra loro travestito, disposto a masconoscere me stesso, per poter sopportare loro, e ripetendo sempre a me stesso: "folle, tu non conosci gli uomini!"
Si disimpara a conoscere gli uomini, se si vive tra gli uomini: troppo in tutti gli uomini è solo facciata, - a che servono, tra loro, occhi che mirano e cercano nella lontananza!
E quando disconoscevano me: io, pazzo, proprio per questo avevo più riguardi per loro che per me: avvezzo alla durezza verso me stesso, e spesso vendicando su me stesso la mia clemenza.
Punzecchiato da mosche velenose e scavato, come una pietra, da molte gocce di perfidia, così sedevo in mezzo a loro e per di più cercavo di convincermi: "i piccoli non hanno colpa della loro piccolezza!"
Specialmente quelli che si dicono "i buoni", trovai che erano le più velenose delle mosche: essi punzecchiano in piena innocenza, essi mentono in perfetta innocenza: e come potrebbero essere giusti verso di me!
Chi vive in mezzo ai buoni, la compassione gli insegna a mentire. La compassione rende l'aria intanfita in tutte le anime libere. La scempiaggine dei buoni, infatti, è senza fondo.
Nascondere me stesso e la mia ricchezza - questo ho imparato laggiù in basso: perché non ne trovai uno che non fosse povero di spirito. Questa fu la menzogna della mia compassione: tutti li conoscevo - per ognuno la mia vista e il mio olfatto mi dicevano che cosa per lui fosse spirito a sufficienza e che cosa troppo spirito!
I loro saggi legnosi io lo chiamavo saggi e non di legno, - così imparai a ingozzare parole. I loro becchini: li chiamai ricercatori e sperimentatori, - così imparai a scambiare le parole.
I becchini si scavano le loro malattie. Sotto lo sfasciume di cose decrepite attendono esalazioni pestifere. Ma non si deve rimestare la melma. Bisogna vivere sui monti.
Le narici beate, aspiro di nuovo la libertà dei monti! Finalmente il mio naso è redento dal lezzo di tutto quanto è natura umana.
Solleticata da venti sottili come da vini frizzanti, la mia anima sternutisce, - sternutisce e grida a se stessa giubilante: Salute!

Così parlò Zarathustra.

Ed. Adelphi, 1978

Nessun commento: