domenica 12 ottobre 2008

Da "Il lamento della pace" di Erasmo da Rotterdam

Quid humana vita fragilius, quid brevius? Quot ea morbis, quot casibus obnoxia. Et tamen cum plus habeat ex sese malorum, quam ut ferri possit, tamen maximam malorum partem ipsi sibi accersunt dementes. Tanta caecitas humanos animos occupat, ut nihil horum perspiciat, sic praecipites aguntur, ut omnia naturae Christique vincula, omnia foedera rumpat, dissicent, diffringat. Pugnant passim atque assidue, nec modus nec finis. Colliditur gens cum gente, civitas cum civitate, factio cum faccione, princeps cum principe, et ob quorum homuncionum, qui mox velut ephemera sint interituri, seu stulticam seu ambitionem res humanae sursum ac deorsum miscentur.

Che c’è di più fragile della via umana, che c’è di più breve? A quante malattie, a quanti casi è soggetta! Eppure, malgrado essa rechi per conto suo molti più mali di quanti se ne possano sopportare, tuttavia sono gli uomini, nella loro follia, a procurarsi da sé stessi la massima parte dei propri mali. Una tale cecità ottenebra gli animi umani, che essi non ne scorgono nemmeno una; la loro condotta è così sconsiderata, che rompono, spezzano e infrangono ogni vincolo e ogni patto, di natura e di Cristo. Combattono dappertutto e senza sosta, senza darsi né una misura né un termine. Una nazione è in urto con un’altra nazione, una città con un’altra città, una fazione con un’altra fazione, un principe con un altro principe, e a causa vuoi della stoltezza vuoi dell’ambizione di due omuncoli destinati a morire entro breve, effimeri come sono, le sorti di questo mondo sono sconquassate da cima a fondo.

Erasmo da Rotterdam, Il lamento della pace, a cura di Federico Cinti, Bur, Milano, 2005, pp. 122-23

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