Le buone poesie sono ugualmente intelligibili
agli uomini d'immaginazione e di sentimento, e a quelli che ne son privi. E
contuttociò quelli le gustano, e questi no, anzi non comprendono come si
possano gustare, primieramente perchè non sono capaci nè disposti ad esser
commossi, sublimati ec. dal poeta; e oltracciò perchè sebbene intendano le
parole, non intendono la verità, l'evidenza di quei sentimenti: il cuore non
dimostra loro che quelle passioni, quegli effetti, quei fenomeni morali ec. che
il poeta descrive, vanno veramente così: e per tal modo le parole del poeta,
benchè chiare, e da loro bene intese non rappresentano loro quelle cose e
quelle verità che rappresentano altrui, ed intendendo le parole, non intendono
il poeta. Bisogna bene osservare che questo accade anche negli scritti
filosofici, profondi, metafisici, psicologici ec. affine di non maravigliarsi
dei diversissimi, e spesso contrarissimi effetti che producono in diversi
individui, e classi, e quindi del diverso concetto in cui son tenuti. Perchè,
ponete uno scritto di questo genere, pienissimo di verità, e composto con [348] tutta
quella chiarezza d'espressioni, della quale possa mai esser suscettibile. Le
parole dicono lo stesso all'uomo profondo, e al superficiale: tutti comprendono
ugualmente il senso materiale dello scritto, e in somma tutti intendono
perfettamente quello che l'autore vuol dire. E non perciò quello scritto è
compreso da tutti, come si crede comunemente. Perchè l'uomo superficiale; l'uomo
che non sa mettere la sua mente nello stato in cui era quella dell'autore;
insomma l'uomo che appresso a poco non è capace di pensare colla stessa
profondità dell'autore, intende materialmente quello che legge, ma non vede i
rapporti che hanno quei detti col vero, non sente che la cosa sta così, non
iscuoprendo il campo che l'autore scopriva, non conosce i rapporti e legami
delle cose ch'egli vedeva, e dai quali deduceva quelle conseguenze ec. che per
lui, e per chiunque gli somigli sono incontrastabili, per questi altri non sono
neppur verità: vedranno le stesse cose, ma non conosceranno nè sentiranno che
abbiano relazione insieme, e con quelle conseguenze che l'autore ne cava; non
vedranno la relazione scambievole delle parti del sillogismo (giacchè ogni
umana cognizione è un sillogismo): brevemente, intenderanno appuntino lo
scritto, e non capiranno la verità di quello che dice, verità che esisterà
realmente, e sarà compresa da altri. Così pure non avranno tanta forza di mente
da poter dubitare, e sentire la ragionevolezza e la verità del
dubbio intorno alle cose che la natura o l'abito danno per certe. Non basta
intendere una proposizion vera, bisogna sentirne la verità. C'è un senso della
verità, come delle passioni, de' sentimenti, bellezze, ec.: del vero, come del
bello. Chi la intende, ma non la sente, intende ciò che significa quella
verità, ma non intende che sia verità, perchè non ne prova il senso, cioè la
persuasione. In questo numero di persone va posta la maggior parte dei moderni
apologisti della religione, uomini senza cuore, senza sentimento, senza tatto
fino e profondo nelle cose della natura, insomma senza esperienza della
verità, come quei lettori de' poeti che sono senza esperienza di passioni,
entusiasmo, sentimenti ec.; i quali, [349] posto che
intendano anche perfettamente il senso dei filosofi profondissimi che
combattono, non intendono la verità che quivi si contiene, e vi danno
nettamente, precisamente e consideratamente per falso, quello che voi saprete e
sentirete ch'è vero, o viceversa. Del resto per intendere i filosofi, e quasi
ogni scrittore, è necessario, come per intendere i poeti, aver tanta forza
d'immaginazione, e di sentimento, e tanta capacità di riflettere, da potersi
porre nei panni dello scrittore, e in quel punto preciso di vista e di
situazione, in cui egli si trovava nel considerare le cose di cui scrive;
altrimenti non troverete mai ch'egli sia chiaro abbastanza, per quanto lo sia
in effetto. E ciò, tanto quando in voi ne debba risultare la persuasione e
l'assenso allo scrittore, quanto nel caso contrario. Io so che con questo
metodo non ho trovato mai oscuri, o almeno inintelligibili, gli scritti della
Staël, che tutti danno per oscurissimi. (22. Novembre 1820.)
(dallo Zibaldone)
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