sabato 9 giugno 2012

Stoltezza del soggetto schizofrenico (Platone)


Qual è dunque quella che si può legittimamente definire la più grande ignoranza?...
Quella per cui qualcuno, pur intendendo una cosa bella o buona, non la ama ma la odia e invece ama e desidera ciò che ritiene spregevole e iniquo. Io credo che questa dissonanza di dolore e di piacere con l'opinione conforme a ragione rappresenti la forma estrema e più grave di ignoranza perché occupa il grosso dell'anima: sofferenza e piacere sono infatti per l'anima ciò che il popolo e la massa sono per una città. Quando l'anima si oppone alle conoscenze o alle opinioni o alla ragione, alle quali per natura spetta il comando, si ha ciò che definisco stoltezza, e lo stesso vale per una città, quando la massa non obbedisce ai magistrati e alle leggi, e per un individuo, quando i bei ragionamenti che albergano nell'anima non portano a nulla ma si verifica l'esatto contrario: tutte queste forme di ignoranza io le considero le più deleterie così per una città come per ogni singolo cittadino, non certo quella degli artigiani, se cogliete, o stranieri, il senso di ciò che dico.

Platone, Le leggi, III, 689a-b (tr. it. F. Ferrari, BUR, Milano 2005)

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