martedì 26 giugno 2012

Hegel e lo spettatore


Osservando il corso della storia e in esso “il male, la malvagità, il tramonto degli imperi più floridi che lo spirito umano abbia prodotto”, è inevitabile che l'uomo sia preso dallo sconforto e precipiti “in uno smarrimento morale... fino alla più profonda, sconsolata tristezza”. Che il male abbia colpito e sconfitto anche ciò che di migliore era stato fatto è infatti immediatamente incomprensibile ed appare frutto di un'insensata ingiustizia. Se così è sempre andata, inoltre, sarà uno sforzo inutile impegnarsi per migliorare le cose del mondo, e sarà bene, allora, distaccarsi da esso. Si ricade così nell'egoismo, assumendo l'atteggiamento dello spettatore distaccato nei confronti degli avvenimenti della storia, godendo di una felicità negativa consistente nella gradita consapevolezza di essere al sicuro.
Questa, secondo Hegel, è la reazione che all'inevitabile sentimento di tristezza di fronte a quel “banco da macellaio” che è la storia, ha colui che non è in grado di rispondere alla domanda: “in vista di quale fine” tutto ciò è accaduto? Ma incapace di dare un senso al corso storico è colui che rimane irretito nella propria moralità (Moralität) e in base a questa giudica l'accaduto. Tuttavia la storia compie il suo percorso – che è il percorso dello spirito come libertà che si realizza nel mondo – nel superiore ambito dell'eticità (Sittlichkeit).
Hegel se la prende con le “anime belle” proprio perché esse sono ferme allo stadio della moralità e da questo punto, senza alcuna efficacia pratica, criticano il mondo, predicando il distacco da esso. Così, del resto, fa anche la filosofia epicurea (alla quale implicitamente rimanda l'immagine dello spettatore che contempla distaccato [cfr. Lucrezio, De rerum natura, II]), che si estranea dallo stato e quindi dall'ambito dell'eticità.
Al contrario, il vero filosofo è colui che alla domanda sul fine in vista del quale tutti i mali sono accaduti sa dare una risposta precisa e dunque sa assegnare un senso alla storia. Il filosofo elabora un'ermeneutica del male, in grado di inserirlo in un ordine superiore e quindi di neutralizzarlo. Anche le cose che moralmente sono più spregevoli avvengono infatti in vista del compimento del percorso dello spirito del/nel mondo; al fine, cioè, della realizzazione della libertà. Il filosofo comprende allora che tutto ciò che avviene, avviene razionalmente e che è la ragione-Dio a guidare il mondo.
Hegel, dunque, non predica quella forma di ascetismo egoistico propria dello spettatore – come vorrebbe Blumenberg [cfr. Naufragio con spettatore] – bensì sostiene che si debba rimanere nel mondo. Tuttavia, non sono gli individui singoli a fare la storia, ma gli individui storici o, più in generale, i popoli (lo spirito del mondo infatti cammina da oriente a occidente passando da un popolo all'altro), coerentemente con la dissoluzione della singola individualità atomistrica nella dimensione etica dello stato.

[Quanto letto è un commento a Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, Laterza, Roma-Bari 2003, p. 20]

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