giovedì 20 dicembre 2007

Marc Ribot: Spiritual Unity

1. INVOCATION
2. SPIRITS
3. TRUTH IS MARCHING IN
4. SAINTS
5. BELLS

Spiritual Unity, di Marc Ribot, è del 2005. E' un album pieno di energia, di libertà, di musica. Si ascolta davvero volentierti, anche se tutto subito impaurisce leggermente...
Dato che non sono un esperto conoscitore del genere, né dell'artista in questione, riporto una recensione da www.mescalina.it di Christian Verzeletti.
Non ci sarebbe bisogno di dirlo, ma per chi non lo sapesse Marci Ribot è uno dei chitarristi più ricercati sulla scena rock e non solo: a renderlo tanto stimato tra i musicisti e apprezzato dalla critica sono soprattutto i suoi lavori con Tom Waits, piuttosto che con Elvis Costello, Marianne Faithfull, Sarah Jane Morris e Vinicio Capossela, tanto per dirne qualcuno.
Queste collaborazioni però sono solo alcuni degli sbocchi di una ricerca condotta per anni in bilico tra avanguardia e jazz con progetti che lo hanno visto nei Lounge Lizards e nei Jazz Passengers, oppure a fianco di Arto Lindsay, Bill Frisell, John Zorn e via dicendo. Quanti non conoscessero questo lato più colto della sua musica potrebbero rimanere spiazzati da “Spiritual unity” che non è una raccolta di canzoni arrangiate alterando l’immediatezza dei pezzi, come Ribot ha spesso fatto in campo rock.
È un disco di matrice jazz che propende volentieri verso il free con numerosi momenti improvvisati. L’idea è di riproporre la musica di Albert Ayler, sassofonista fondamentale per la componente mistica portata appunto all’interno del free-jazz.
Per chi come il sottoscritto non conosce la materia ayleriana ed è più affine al Ribot chitarrista al servizio di qualche fantasma rock, “Spiritual unity” è un lavoro ostico e complesso.
La formazione è composta da musicisti di grande caratura come Roy Campbell (tromba), Chad Taylor (batteria) e Henry Grimes (contrabbasso): quest’ultimo ha suonato negli anni ‘60 con Ayler e, tornato nel giro del jazz dopo vent’anni, ha fornito a Ribot l’occasione giusta per affrontare queste composizioni.
Si tratta di cinque brani che sono di sicuro interesse per gli esperti e che vanno invece trascesi per quanti invece più ignoranti del genere: portare a trascendere i generi e la musica stessa sembra infatti essere l’obiettivo del quartetto come forse lo era originariamente anche di Albert Ayler. Non a caso in più di un’occasione i quattro arrivano a sfiorare anche la musica africana.
Gli strumenti rispondono a richiami interni ed esterni al pezzo, prendendo direzioni diverse che poi si incrociano per giungere a delle contorsioni esemplari, che ad un ascolto distratto possono sembrare un caos ansimante piuttosto che un’estasi sublime.
Chitarra e tromba giocano ad appaiarsi e a separarsi: al richiamo di Campbell risponde Ribot stortando qualunque possibilità di tema e offrendo alla ritmica la via per dei crescendi compulsivi. Da segnalare “Truth is marching in” e la conclusiva “Bells”, con la prima che rappresenta l’apice del disco e la seconda che libera l’energia accumulata in una saltellante marcetta d’avanguardia.
“Spiritual unity” ha un’intensità esclusiva e uno spirito d’avanguardia libera, che lo avvicinano ai grandi dischi free del passato.

3 commenti:

Andrea Aguzzi ha detto...

Mark Ribot è uno dei chitarristi più eclettici e versatili che esistano: compagno di giochi di Zorn, Tom Waits, sempre pronto a mettersi in gioco, con uno stile unico e mai ruffiano. Bella recensione ... mi farebbe piacere leggerla anche nel mio blog.

Buon Natale Gianluca

Empedocle

Gianluca ha detto...

Se vuoi mettila pure, ma non è mia. L'ho presa da un sito ;)
Per chitarra e dintorni aspetto di acquistare qualche nuovo cd e poi lo recensisco.

Grazie ciao

Andrea Aguzzi ha detto...

ah birbante! vai tranquillo, ti aspettiamo!