sabato 15 dicembre 2007

Ariosto contro le armi da fuoco

La macchina infernal, di più di cento
passi d'acqua ove sté ascosa molt'anni,
al sommo tratta per incantamento,
prima portata fu tra gli Alamanni;
li quali uno et un altro esperimento
facendone, e il demonio a' nostri danni
assuttigliando lor via più la mente,
ne ritrovaro l'uso finalmente.

Italia e Francia e tutte l'altre bande
del mondo han poi la crudele arte appresa.
Alcuno il bronzo in cave forme spande,
che liquefatto ha la fornace accesa;
bùgia altri il ferro; e chi picciol, chi grande
il vaso forma, che più e meno pesa:
e qual bombarda e qual nomina scoppio,
qual semplice cannon, qual cannon doppio;

Qual sagra, qual falcon, qual colubrina
sento nomar, come al suo autor più agrada;
che 'l ferro spezza, e i marmi apre e ruina,
e ovunque passa si fa dar la strada.
Rendi, miser soldato, alla fucina
per tutte l'armi c'hai, fin alla spada;
e in spalla un scoppio o un arcobugio prendi:
che senza, io so, non toccherai stipendi.

Come trovasti, o scelerata e brutta
invenzion, mai loco in uman core?
Per te la militar gloria è distrutta,
per te il mestier de l'arme è senza onore;
per te è il valore e la virtù ridutta,
che spesso par del buono il rio migliore;
non più la gagliarda, non più l'ardire
per te può in campo al paragon venire.

Per te son giti et anderan sotterra
tanti signori e cavalieri tanti,
prima che sia finita questa guerra,
che 'l mondo, ma più Italia, ha messo in pianti;
che s'io v'ho detto, il detto mio non erra,
che ben il più crudele e il più di quanti
mai furo al mondo ingegni empii e maligni,
ch'immaginò si abominosi ordigni.

E crederò che Dio, perché vendetta
ne sia in eterno, nel profondo chiuda
dal cieco abisso quella maledetta
anima, appresso al maledetto Giuda.

Ludovico Ariosto (1474-1533), Orlando furioso, XI, 23-28

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