venerdì 26 novembre 2010

Talor, mentre cammino per le strade

Talor, mentre cammino per le strade

della città tumultuosa solo,

mi dimentico il mio destino d’essere

uomo tra gli altri, e, come smemorato,

anzi tratto fuor di me stesso, guardo

la gente con aperti estranei occhi.

M’occupa allora un puerile, un vago

senso di sofferenza e d’ansietà

come per mano che mi opprima il cuore.

Fronti calve di vecchi, inconsapevoli

occhi di bimbi, facce consuete

di nati a faticare e a riprodursi,

facce volpine stupide beate,

facce ambigue di preti, pitturate

facce di meretrici, entro il cervello

mi s’imprimono dolorosamente.

E conosco l’inganno pel qual vivono,

il dolore che mise quella piega

sul loro labbro, le speranze sempre

deluse,

e l’inutilità della lor vita

amara e il loro destino ultimo, il buio.

Ché ciascuno di loro porta seco

la condanna d’esistere: ma vanno

dimentichi di ciò e di tutto, ognuno

occupato dall’attimo che passa,

distratto dal suo vizio prediletto.

Provo un disagio simile a chi veda

inseguire farfalle lungo l’orlo

d’un precipizio, od una compagnia

di strani condannati sorridenti.

E se poco ciò dura, io veramente

in quell’attimo dentro m’impauro

a vedere che gli uomini son tanti.


(Camillo Sbarbaro)

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