domenica 21 novembre 2010

La svolta necessaria

In questo periodo si parla molto della fine di Berlusconi: se cade il suo governo, verosimilmente non sarà mai più il Presidente del governo italiano. Tutti hanno fiducia in questo, per tutti questa è l’unica cosa importante. Berlusconi va battuto, senza se e senza ma. Tuttavia, io un “ma” lo vorrei porre: Berlusconi va battuto, ma che cosa verrà dopo di lui? Davvero le cose miglioreranno?

Chi si accanisce contro l’attuale presidente – certo, a ragione – solitamente elenca tra i problemi del paese il conflitto d’interessi, la corruzione, il legame con la mafia, con le puttanelle ecc. E’ tutto vero. Ma i problemi veri dei cittadini sono altri. I problemi veri non sono quelli che ci raccontano i giornali e le televisioni, ed io credo bene che anche i vari Travaglio semplicemente svolgano il ruolo di personaggi in scena nel grande spettacolo italiano. Io credo che il dopo Berlusconi sarà tanto quanto il Berlusconi, se chi verrà non pone al centro dell’agenda politica la risoluzione delle seguenti questioni.

Innanzi tutto, va salvato dalla distruzione cui è condannato da decenni lo Stato sociale. I Paesi occidentali sono ormai, meramente, stati di sicurezza, con l’unico scopo di assicurare l’ordine pubblico, oltretutto inventando pericoli sociali (come la Lega sa fare molto bene) inesistenti. Lo Stato sociale va salvato e ristrutturato: occorre assicurare ai cittadini la sicurezza sul lavoro e del lavoro - (senza la sicurezza di un lavoro, come ci si può costruire una vita? Non pensi certo a sposarti o fare un figlio se non hai nemmeno la certezza di poter pagare l’affitto dell’alloggio) -, i beni essenziali come l’acqua e la sanità, l’istruzione e la ricerca andrebbero potenziati e resi accessibili davvero a tutti, la pensione dovrebbe essere assicurata, lo stipendio sociale per i disoccupati ecc. Inoltre, andrebbe considerata seriamente la questione ambientale, se non vogliamo che entro il prossimo secolo il nostro pianeta subisca uno sconvolgimento totale (e non si tratta di essere pessimisti, esistono dati scientifici).

Per ottenere tutto ciò, non bastano i buoni propositi, bensì occorre una riforma strutturale dell’intero sistema su cui si basa l’economia attuale. Prima di tutto, occorre responsabilizzare le imprese. Queste sono ormai concepite come una mera rete di contratti e sottostanno unicamente all’imperativo economicista di “massimizzare i profitti”. L’impresa finanziarizzata (che è il modello attuale) è totalmente indifferente ai rapporti tra datori di lavoro e lavoratori, nonché alle condizioni di questi ultimi: essi, totalmente mercificati e disumanizzati, possono essere assunti e licenziati in tronco; la produzione può essere delocalizzata; il rapporto tra l’impresa e la società civile non è minimamente considerato; l’impatto ambientale non è un problema. Tutte queste cose inficiano il rendimento finanziario, che è profitto a breve termine. Chi comanda è il mercato finanziario, i capitalisti sono i suoi funzionari e i lavoratori i loro schiavi. Non soltanto il lavoratore è considerato alla stregua di una merce, ma di uno schiavo senza diritti (ricordiamoci che il governo attacca lo statuto dei lavoratori) e senza possibilità di rivalsa quando si trova senza lavoro o cassa integrato. E tutto ciò viene presentato come normale: è normale che non ci sia lavoro stabile, lo vuole l’economia, soprattutto ora che siamo in crisi. Questa, direbbe Marx, è ideologia. E’ l’ideologia della classe dominante che vuole far passare per naturali e sempiterne le condizioni che essa stessa ha creato e che servono unicamente al suo sostentamento, a scapito di tutta quella larga banda di individui che non solo non ne traggono alcun giovamento, ma che sono completamente all’oscuro del reale funzionamento della realtà. Finché non si distrugge questo sfrenato neoliberismo e non si impongono forti tassazioni sui flussi di capitale (ad es. un imprenditore che acquista un’azione e che la rivende sul mercato azionario quando il suo valore è aumentato per intascare la plusvalenza, paga una tassa di gran lunga inferiore a quella che il salariato si vede imposta sullo stipendio e che inevitabilmente paga); finché non si comprende che l’uomo ha una dignità e che non può essere schiavizzato da un sistema che porta al collasso tutto ciò che è veramente umano (ivi compresa l’istruzione e la cultura), battere Berlusconi sarà completamente inutile. Inutile per le persone che hanno problemi reali, che è ciò che dovrebbe interessare.

Va inoltre chiarito che la precarietà del lavoro è esattamente una conseguenza necessaria della finanziarizzazione delle imprese e che se mancano possibilità per i giovani (e non solo) del nostro paese, la colpa non è degli immigrati, bensì del sistema stesso. Gli immigrati sono rei del fatto che, grazie alle intelligentissime leggi vigenti sulla sicurezza, sono facilmente assumibili nel giro del lavoro nero che schiavizza in forme ancora peggiori i lavoratori, che rimane al di fuori del prelievo fiscale e che è contrario ai più universalmente condivisibili principi di diritto? La lega marcia su questo: il lavoro deve rimanere a noi, loro non ce lo devono rubare. Ma quale lavoro?

La riforma dell’Università, contro la quale migliaia di studenti in tutta Italia stanno manifestando con cortei di piazza, bloccando le città e occupando le sedi universitarie, non è nulla di straordianario: è esattamente in linea con i principi del profitto. Secondo il progetto del DDL Gelmini, nella direzione delle università dovrebbero entrare dei privati con competenze in ambito finanziario. Privati che potranno indirizzare l’università verso gli interessi delle aziende, strumentalizzando l’istruzione e privandola della sua libertà. La conoscenza, al contrario, dovrebbe essere del tutto indipendente da qualsiasi interesse per potersi sviluppare realmente.

Il dopo Berlusconi sarà davvero un passaggio importante della nostra storia soltanto se si andrà esplicitamente nella direzione di un mutamento radicale di tutti i principi, rimettendo al centro innanzitutto l’uomo con la sua dignità. Ripensare all’homo sapiens il luogo dell’ homo oeconomicus. Un piccolo passo verso la risoluzione di problemi di vasta portata.

1 commento:

Marco Pangallo ha detto...

Bravo, molto d'accordo con la tua analisi. Non sono d'accordo solo su una cosa: Berlusconi vuole trasformare l'Italia nella Russia di Putin, e quindi meno sta al governo meglio è. Se premier diventasse Bersani farebbe come i socialisti in Grecia e in Spagna e lottizzerebbe la RAI come tutti gli altri, ma almeno non ci sarebbero rischi per la democrazia.