venerdì 1 aprile 2011

Sviluppo senza progresso

“Lo sviluppo delle tecnoscienze è divenuto un mezzo per accrescere il disagio, non per placarlo. Non possiamo più dare il nome di progresso a questo sviluppo. Esso sembra andare avanti da solo, con una forza, una motricità autonoma, indipendente da noi. Non risponde più alle domande scaturite dai bisogni dell’uomo. Anzi, le entità umane, individuali o sociali, sembrano sempre destabilizzate dai risultati dello sviluppo e dalle loro conseguenze. E non mi riferisco soltanto ai risultati materiali ma anche a quelli intellettuali e mentali. L’umanità sembra quasi destinata a rincorrere il processo di accumulazione dei nuovi oggetti d’uso e di pensiero.

(…)

Le nostre richieste di sicurezza, di identità, di felicità, derivate dalla nostra condizione immediata di esseri viventi, ed anche di esseri sociali, sembrano oggi non aver nulla a che fare con questa sorta di coazione a complessificare, mediatizzate, nume rizzare e sintetizzare qualsiasi oggetto, modificandone la scala. (…). In questa prospettiva, l’esigenza di semplicità appare oggi, in generale, come una promessa di barbarie.

Occorrerebbe, su questo punto, mettere a fuoco il seguente problema: l’umanità si divide in due parti, una che affronta la sfida della complessità e l’altra quella antica e terribile della sopravvivenza. E’ forse questo il principale aspetto del fallimento del progetto moderno, che, come ricorderai, doveva valere in via di principio per l’umanità nel suo insieme.”

Tratto da J-F. Lyotard, Nota sul senso di “post-“, in Il postmoderno spiegato ai bambini

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