Il postmodernismo rifiuta ogni universalismo e con ciò, necessariamente, l’idea di una essenza umana. Da questa prospettiva, allora, l’idea che in una società più o meno ideale l’uomo possa realizzare la propria essenza, è da ritenere conseguenza di una impostazione metafisica e, come tale, da respingere.
Inoltre risulta impossibile definire le condizioni di felicità per l’uomo, poiché, se non esiste nulla di universalmente valido, queste condizioni possono variare anche fra un individuo e un altro. Si torna, ancora una volta, al relativismo. Partendo da questo presupposto, però, si può affermare che anche uno schiavo sfruttato può essere felice, anche un carcerato, una persona privata della propria libertà, uno sfollato ecc. Risulta però chiaramente difficile sostenere questa ipotesi. E, del resto, se si ammette che uno schiavo sfruttato può essere felice, si porrà la questione del come lo possa essere, così da dover presupporre, di contro al principio anti-universalistico, delle condizioni in cui anche uno schiavo, in quanto uomo, può essere felice. E’ veramente arduo fare a meno di una certa metafisica.
La critica postmodernista, tuttavia, utilmente pone la questione portando a riconsiderare con più attenzione il problema di un’eventuale essenza umana, certo di ardua definizione…
Nessun commento:
Posta un commento