La vita è una sorgente di diletto; ma dove anche la canaglia si abbevera, tutte le sorgenti vengono avvelenate.
Io prediligo tutto quanto è pulito; ma non posso vedere i musi ghignanti e la sete degli impuri.
Hanno gettato il loro occhio nel fondo della fonte: e ora mi arriva su dalla fonte il riflesso del loro sorriso ributtante.
L'acqua sacra mi hanno avvelenato con la loro libidine; e quando chiamarono piacere i loro sogni sporchi, hanno avvelenato anche le parole.
(...)
E molti che si allontanarono dalla vita, volevano solo allontanarsi dalla canaglia: non volevano condividere la fonte e la fiamma e il frutto con la canaglia.
E molti che andarono nel deserto a soffrire la sete con le belve, altro non volevano che non sedersi attorno alla cisterna insieme a sporchi cammellieri.
E molti che vennero come distruttori e come grandine per i campi fruttiferi, non volevano se non cacciare il piede nelle fauci della canaglia e così tapparne la gola.
E il boccone per me più difficile a inghiottire non è stato il saoere che la vita stessa ha bisogno di inimicizia, e di morte e di croci e di martirio: -
Bensì una volta chiesi, quasi soffocano alla mia domanda: come? E' necessaria per la vita anche la canaglia? Sono necessarie fonti avvelenate e fuochi puzzolenti e sogni insozzati e vermi nel pane della vita?
Non l'odio, lo schifo ha insaziabilmente roso la mia vita! Ah, spesso presi a tedio anche il mio spirito, quando trovai che anche la canaglia ha spirito!
E a coloro che domanino ho volto le spalle, quando ho visto che cosa essi oggi chiamano dominare: mercanteggiare vilmente sulla potenza - con la canaglia!
(...)
Come uno storpio, doventato sordo e cieco e muto: così ho vissuto per lungo tempo, per non vivere con la canaglia del potere, della penna e dei piaceri.
Faticosamente il mio spirito ha salito le scale, e circospetto; elemosine di piacere furono il suo ristoro; appoggiata al bastone, avanzava lentamente la vita per il cieco.
Ma che cosa mi accadde? Come mi salvai dalla nausea? Chi ringiovanì il mio occhio? Come potei raggiungere a volo l'altezza dove nessuna canaglia siede alla fonte?
E' stata la mia nausea stessa a crearmi ali ed energie presaghe di sorgenti? In verità, bisognava ch'io volassi alla massima altezza per ritrovare la sorgente del diletto!
Oh, fratelli, io l'ho trovata! Qui sulla vetta sgorga per me la sorgente del diletto! E vi è una vita alla quale non attinge la canaglia!
Quasi troppo violento è per me il tuo corso, fonte del diletto! E spesso torni a vuotare il calice volendo riempirlo!
E io devo ancora imparare ad ivvicinarmi più modestamente a te: con troppa irruenza scorre incontro a te il mio cuore: -
Il mio cuore, sul quale arde la mia estate, corta, ardente, melanconica, beatissima: come il mio cuore estivo anela alla tua frescura!
(...)
Un'estate sulle cime con fredde sorgenti e silenzio beato: oh, venite, amici, perché il silenzio diventi anche più beato!
Perché questa è la nostra altura e la nostra patria: a una troppo ripida altezza noi abitiamo qui, per tutti gli impuri e la loro sete.
Gettate - vi prego - i vostri occhi puri nella fonte del mio diletto, amici! Come potrebbe intorbidarsi per ciò! Con la sua purezza essa deve sorridervi incontro.
(...)
Invero noi non abbiamo qui rifugi per gli impuri! Una caverna di ghiaccio significherebbe per i vostri corpi la nostra gioia, e per i vostri spiriti!
E come venti vigorosi noi vogliamo vivere al di sopra di loro, vicini alle aquile, vicini alla neve, vicini al sole: così vivono venti vigorosi.
E un giorno voglio soffiare come un vento anche tra loro e col mio spirito togliere il fiato al loro spirito: così vuole il mio futuro.
In verità, Zarathustra è un vento vigoroso per tutte le bassure; e questo consiglio egli dà ai suoi nemici e a tutto quanto vomita e sputa: "guardatevi dallo sputare contro il vento!".
Così parlo Zarathustra.
Ed. Adelphi, 1978
domenica 19 aprile 2009
mercoledì 8 aprile 2009
La terra e la morte
Terra rossa terra nera,
tu vieni da mare,
dal verde riarso,
dove sono parole
antiche e fatica sanguigna
e gerani tra i sassi -
non sai quanto porti
di mare parole e fatica,
tu ricca come un ricordo,
come la brulla campagna,
tu dura e dolcissima
parola, antica per sangue
raccolto negli occhi;
giovane, come un frutto
che è ricordo di stagione -
il tuo fiato riposa
sotto il cielo d'agosto,
le olive del tuo sguardo
addolciscono il mare,
e tu vivi rivivi
senza stupire, certa
come la terra, frantoio
di stagioni e di sogni
che alla luna si scopre
antichissimo, come
le mani di tua madre,
la conca del braciere.
****
E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto -
noi tendemmo le mani
alla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume -
- non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi.
da Cesare Pavese, La terra e la morte
tu vieni da mare,
dal verde riarso,
dove sono parole
antiche e fatica sanguigna
e gerani tra i sassi -
non sai quanto porti
di mare parole e fatica,
tu ricca come un ricordo,
come la brulla campagna,
tu dura e dolcissima
parola, antica per sangue
raccolto negli occhi;
giovane, come un frutto
che è ricordo di stagione -
il tuo fiato riposa
sotto il cielo d'agosto,
le olive del tuo sguardo
addolciscono il mare,
e tu vivi rivivi
senza stupire, certa
come la terra, frantoio
di stagioni e di sogni
che alla luna si scopre
antichissimo, come
le mani di tua madre,
la conca del braciere.
****
E allora noi vili
che amavamo la sera
bisbigliante, le case,
i sentieri sul fiume,
le luci rosse e sporche
di quei luoghi, il dolore
addolcito e taciuto -
noi tendemmo le mani
alla viva catena
e tacemmo, ma il cuore
ci sussultò di sangue,
e non fu più dolcezza,
non fu più abbandonarsi
al sentiero sul fiume -
- non più servi, sapemmo
di essere soli e vivi.
da Cesare Pavese, La terra e la morte
lunedì 6 aprile 2009
Terremoto: solidarietà attiva
Terremoto: solidarietà attiva
Rifondazione Comunista sta organizzando Brigate di solidarietà attiva con le popolazioni colpite dal terremoto.
o spedire una mail al seguente indirizzo:
piobbico@hotmail.com
La Federazione del Prc di Pescara (via F. Tedesco, 8) funzionerà come centro di raccolta.
Siete invitati a portare generi di prima necessità, coperte, materiale utile alla rimozione delle macerie, viveri (acqua, latte, pasta, pane, ecc.)
Se volete invece mandare un contributo economico potete spedirlo a:
Conto Corrente Bancario
RIFONDAZIONE PER L'ABRUZZO
IBAN: IT32J0312703201CC0340001497
La priorità assoluta in queste ore è DONARE IL SANGUE.
Potete farlo presso il Dipartimento di Medicina Trasfusionale PO "Spirito Santo"
Via Fonte Romana, 8 - Pescara
tel: 085/4252687

Chiunque volesse partecipare all'organizzazione dei soccorsi o mettere a disposizione tende e gazebo può chiamare:
Marco Fars: 334.6976120
Richi: 339.3255805
Richi: 339.3255805
Francesco Piobbichi: 334.6883166
o spedire una mail al seguente indirizzo:
piobbico@hotmail.com
La Federazione del Prc di Pescara (via F. Tedesco, 8) funzionerà come centro di raccolta.
Siete invitati a portare generi di prima necessità, coperte, materiale utile alla rimozione delle macerie, viveri (acqua, latte, pasta, pane, ecc.)
Se volete invece mandare un contributo economico potete spedirlo a:
Conto Corrente Bancario
RIFONDAZIONE PER L'ABRUZZO
IBAN: IT32J0312703201CC0340001497
La priorità assoluta in queste ore è DONARE IL SANGUE.
Potete farlo presso il Dipartimento di Medicina Trasfusionale PO "Spirito Santo"
Via Fonte Romana, 8 - Pescara
tel: 085/4252687
oppure nel Lazio:
AVIS: telefoni: 06/491340 - 45437075 - 44230134
AVIS: telefoni: 06/491340 - 45437075 - 44230134
per aggiornamenti o informazioni:
domenica 5 aprile 2009
Il desiderio (una breve riflessione)
-->Occorre operare una distinzione «tra quei bisogni (desideri) che sono avvertiti solo soggettivamente e la cui soddisfazione comporta un piacere momentaneo, e quei bisogni che sono radicati nella natura umana e la cui soddisfazione comporta uno sviluppo dell’Uomo e ha per effetto l’eudaimonia»(1).
«E' indubbio che l’uomo conosca spesso il proprio sentimento più profondo solo nella forma della passione particolare, nella forma della ‘cattiva inclinazione’ che vuole sviarlo. Conformemente alla sua natura, il desiderio più ardente di un essere umano, tra le diverse cose che incontra, si focalizza innanzitutto su quelle che promettono di colmarlo. L’essenziale è che l’uomo diriga la forza di quello stesso sentimento, di quello stesso impulso, dall’occasionale al necessario, dal relativo all’assoluto: così troverà il proprio cammino»(2).
Se è vero che l'uomo non ha la libertà di volere, è pur vero che «innata v’è la virtù che consiglia,\ e de l’assenso de’ tener la soglia»(3). Questa virtù non ce la si costruisce liberamente, secondo quanto credo, ma deriva da una miriade di fattori di cui molti inconoscibili, ma di cui il più importante è l'educazione che si è ricevuta e il modo con cui la si è appresa (anche questo non libero, ma determinato da moltissimi fattori, ma lascio perdere se no non finisco più). Posta dunque l'importanza dell'educazione, io ritengo che questo messaggio di necessità di rivolgere il proprio sforzo al miglioramento dell' Uomo, cioè dell'umanità, vada fatto proprio e diffuso. Così, d'altra parte, chiunque abbia convinzioni così forti cercherà di convincere gli altri, ma io penso che questa cosa che vi propongo (che non è per nulla di mia invenzione o scoperta) sia la cosa più ragionevole, a meno che si ritenga maggiormente buono portare l'umanità verso l'autodistruzione e separarla sempre più tra ricchi e poveri, potenti ed impotenti ecc.
La virtù consiste nell'esercizio della caritas, l'amore, il retto desiderio, contrapposto da S. Agostino all' amor rerum transeuntium. Rileggendo oggi il concetto espresso da questo padre della Chiesa, ci accorgiamo che il suo messaggio può essere laicamente inteso, non come una vita caritatevole per meritarsi la grazia divina, ma più praticamente per permettere la stessa sopravvivenza dell'uomo. L'amore per l'avere (cfr. Fromm, cit.) e lo sfrenato consumismo distruggono l'uomo innanzitutto, che è alienato da se stesso e si isola in un individualismo che si traduce poi in comportamenti anti-solidaristici, dall'indifferenza al razzismo, e, in secondo luogo, distrugge l'umanità intera, poiché l'uomo attento soltanto al proprio avere e alla propria ricchezza non è interessato dal fatto che con il suo agire privo di vincoli e limiti stia distruggendo il pianeta e stia calpestando le persone (e popolazioni) povere, che, sempre più oppresse, costituiscono sempre più una vergogna per tutti quanti appertengono al mondo "civilizzato"....
Così come il consumismo individualista (derivato dal capitalismo) elimina i rapporti tra le persone, che si riducone anch'esse a possesso. La paura di perdere ciò che si ha investe anche i rapporti affettivi che diventano perciò morbosi e patetici e spesso finiscono in liti perché ciascuno vuole affermare la propria libertà rispetto all'altro.
Anche il lavoro, spesso, finalizzato soltanto all'acquisizione dello stipendio mensile, è qualcosa che non coinvolge né riguarda il lavoratore, che si trova a svolgere la sua mansione per puro calcolo utilitaristico (di necessità, inevitabile), mentre se ci fosse maggiore giustizia sociale e più redistribuzione dei redditi, si potrebbe lavorare di meno e dedicarsi maggiormente alle altre persone, alla cultura, allo svago. Basti pensare alla disoccupazione: se questi venissero impiegati mentre quelli che attualmente lavorano lavorassero di meno, tutti avrebbero il lavoro assicurato e, per permettere a tutti uno stipendio equo (uguale più o meno per tutti), sarebbe sufficiente tagliare i guadagni dei grandi imprenditori, dei politici, dei calciatori; tagliare le spese per le guerre, per inutili infrastrutture (maschere di finta modernità, ma a cosa ci serve la modernità se l'uomo fugge da se stesso e si autodistrugge?) ecc.
Ci vuole più equità, più senso della giustizia e dell'uguaglianza tra uomini e tra donne di tutto il mondo. Per ottenere questo, l'uomo deve cessare di dirigere i suoi sforzi verso l'avere, il possesso sfrenato indice di prestigio, fonte di soddisfazione e rispetto sociale, e dedicarsi all'essere, indirizzando rettamente i propri desideri, «dall’occasionale al necessario, dal relativo all’assoluto» (cit.).
(1) Erich Fromm, Avere o essere?, Mondadori, Milano, 1979, p. 17
(2) Martin Buber, Il cammino dell’uomo, Qiqajon, Magnano, 1990, p. 30
(3) Dante Alighieri, Purg. XVIII, 64-65
«E' indubbio che l’uomo conosca spesso il proprio sentimento più profondo solo nella forma della passione particolare, nella forma della ‘cattiva inclinazione’ che vuole sviarlo. Conformemente alla sua natura, il desiderio più ardente di un essere umano, tra le diverse cose che incontra, si focalizza innanzitutto su quelle che promettono di colmarlo. L’essenziale è che l’uomo diriga la forza di quello stesso sentimento, di quello stesso impulso, dall’occasionale al necessario, dal relativo all’assoluto: così troverà il proprio cammino»(2).
Se è vero che l'uomo non ha la libertà di volere, è pur vero che «innata v’è la virtù che consiglia,\ e de l’assenso de’ tener la soglia»(3). Questa virtù non ce la si costruisce liberamente, secondo quanto credo, ma deriva da una miriade di fattori di cui molti inconoscibili, ma di cui il più importante è l'educazione che si è ricevuta e il modo con cui la si è appresa (anche questo non libero, ma determinato da moltissimi fattori, ma lascio perdere se no non finisco più). Posta dunque l'importanza dell'educazione, io ritengo che questo messaggio di necessità di rivolgere il proprio sforzo al miglioramento dell' Uomo, cioè dell'umanità, vada fatto proprio e diffuso. Così, d'altra parte, chiunque abbia convinzioni così forti cercherà di convincere gli altri, ma io penso che questa cosa che vi propongo (che non è per nulla di mia invenzione o scoperta) sia la cosa più ragionevole, a meno che si ritenga maggiormente buono portare l'umanità verso l'autodistruzione e separarla sempre più tra ricchi e poveri, potenti ed impotenti ecc.
La virtù consiste nell'esercizio della caritas, l'amore, il retto desiderio, contrapposto da S. Agostino all' amor rerum transeuntium. Rileggendo oggi il concetto espresso da questo padre della Chiesa, ci accorgiamo che il suo messaggio può essere laicamente inteso, non come una vita caritatevole per meritarsi la grazia divina, ma più praticamente per permettere la stessa sopravvivenza dell'uomo. L'amore per l'avere (cfr. Fromm, cit.) e lo sfrenato consumismo distruggono l'uomo innanzitutto, che è alienato da se stesso e si isola in un individualismo che si traduce poi in comportamenti anti-solidaristici, dall'indifferenza al razzismo, e, in secondo luogo, distrugge l'umanità intera, poiché l'uomo attento soltanto al proprio avere e alla propria ricchezza non è interessato dal fatto che con il suo agire privo di vincoli e limiti stia distruggendo il pianeta e stia calpestando le persone (e popolazioni) povere, che, sempre più oppresse, costituiscono sempre più una vergogna per tutti quanti appertengono al mondo "civilizzato"....
Così come il consumismo individualista (derivato dal capitalismo) elimina i rapporti tra le persone, che si riducone anch'esse a possesso. La paura di perdere ciò che si ha investe anche i rapporti affettivi che diventano perciò morbosi e patetici e spesso finiscono in liti perché ciascuno vuole affermare la propria libertà rispetto all'altro.
Anche il lavoro, spesso, finalizzato soltanto all'acquisizione dello stipendio mensile, è qualcosa che non coinvolge né riguarda il lavoratore, che si trova a svolgere la sua mansione per puro calcolo utilitaristico (di necessità, inevitabile), mentre se ci fosse maggiore giustizia sociale e più redistribuzione dei redditi, si potrebbe lavorare di meno e dedicarsi maggiormente alle altre persone, alla cultura, allo svago. Basti pensare alla disoccupazione: se questi venissero impiegati mentre quelli che attualmente lavorano lavorassero di meno, tutti avrebbero il lavoro assicurato e, per permettere a tutti uno stipendio equo (uguale più o meno per tutti), sarebbe sufficiente tagliare i guadagni dei grandi imprenditori, dei politici, dei calciatori; tagliare le spese per le guerre, per inutili infrastrutture (maschere di finta modernità, ma a cosa ci serve la modernità se l'uomo fugge da se stesso e si autodistrugge?) ecc.
Ci vuole più equità, più senso della giustizia e dell'uguaglianza tra uomini e tra donne di tutto il mondo. Per ottenere questo, l'uomo deve cessare di dirigere i suoi sforzi verso l'avere, il possesso sfrenato indice di prestigio, fonte di soddisfazione e rispetto sociale, e dedicarsi all'essere, indirizzando rettamente i propri desideri, «dall’occasionale al necessario, dal relativo all’assoluto» (cit.).
(1) Erich Fromm, Avere o essere?, Mondadori, Milano, 1979, p. 17
(2) Martin Buber, Il cammino dell’uomo, Qiqajon, Magnano, 1990, p. 30
(3) Dante Alighieri, Purg. XVIII, 64-65
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