mercoledì 2 gennaio 2008

Platone, La Repubblica (Libro VIII)


Ciao,
sto leggendo La Repubblica e sono arrivato al punto che fino ad ora mi è semrato tra i più interessanti tra quelli trattati nell'opera: il Libro VIII, specialmente dove analizza la Democrazia e l'uomo democratico. Egli non era favorevole alla democrazia e in tutta l'opera delinea uno stato ideale nel quale possa regnare la vera giustizia, sotto il governo di filosofi in ricerca del bello e del bene assoluti.

Vi riporto quindi qualcosa dal libro VIII (le note tra parentesi sono mie)

(Socrate:) -Ora, in primo luogo, non sono liberi (gli individui di uno stato democratico)? e lo stato non diventa libero e non vi regna libertà di parola? e non v'è licenza di fare ciò che si vuole?
(Glaucone:) - Sì, rispose, almeno lo si dice.
-Ma dov'è questa licenza, è chiaro che ciascuno può organizzarvisi un suo particolare modo di vita, quello che a ciascuno più piace.

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(Socrate:) - (...) E se i suoi famigliari tentano di dare qualche aiuto alla parte parsimoniosa dell'anima sua (dell'individuo democratico), quei discorsi ciarlataneschi non sbarrano le porte del regale castello in lui, senza lasciar passare quell'alleanza stessa e senza accogliere come ambasciatori i discorsi di privati più anziani? e non vincono loro la battaglia? e non cacciano in disonorevole esilio il pudore chiamandolo dabbenaggine, e non espellono la temperanza dicendola viltà e coprendola di improperi? e, sostenuti da molti e vani appetiti, non mettono al bando la moderazione e lo spendere modico facendoli passare per rusticità e grettezza?
(G:)- Proprio così.
-E quando hanno vuotato e purificato di tutto ciò l'anima di colui su cui dominano e che iniziano a grandi mistici riti, eccoli sùbito dopo ricondurre con imponente corteo, risplendenti e coronate, la tracotanza, l'anarchia, la sregolatezza e l'impudenza; e le esaltano con belle parole, chiamando la tracotanza buona educazione, l'anarchia libertà, la sregolatezza magnificenza, l'impudenza coraggio. (...)

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(S:) - (...) se gli si dice (all'uomo domocratico) che alcuni piaceri sono propri degli appetiti nobili e buoni, e altri di quelli malvagi, e che bisogna coltivare e onorare i primi, ma reprime e soggiogare e i secondi, in tutti questi casi fa segno di no e dice che tutti i piaceri sono simili e meritevoli di eguale onore.

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(S:) - Ora, a distruggere la democrazia, non è pure l'insaziabilità di ciò che essa definisce un bene?
(G:) - Secondo te, che cosa definisce così?
-La libertà, risposi. In uno stato democratico sentirai dire che la libertà è il bene migliore e che soltanto colà dovrebbe perciò abitare ogni spirito naturalmente libero.

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(S:) - Ora, ripresi, non pensi quanto l'anima dei cittadini si lasci impressionare dal sommarsi di tutte queste circostanze (eccessi di libertà) insieme raccolte, al punto che uno, se gli si prospetta anche la minima schiavitù, si sdegna e non la tollera? E tu sai che finiscono con il trascurare del tutto le leggi scritte o non scritte, per essere assolutamente senza padroni.

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(S:) - (...) a mio avviso, dalla somma libertà viene la schiavitù maggiore e più feroce.

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(S:) - L'eccessiva libertà, sembra, non può trasformarsi che in eccessiva schiavitù, per un privato come per uno stato.


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Parole sante.

Ciao

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