giovedì 12 febbraio 2015

Recensione a C. Ocone + Legge e diritto naturale in Alasdair MacIntyre

Segnalo oggi altre due mie piccole pubblicazioni:

    1) una recensione critica al testo di Corrado Ocone Liberalismo senza teoria, che secondo me ben esprime la condizione odierna di impasse della tradizione liberale. Per questo la recensione è intitolata Il liberalismo alla resa dei conti, e si trova su I quaderni della Ginestra, XIII, 2014/3, pp. 57-59, disponibile in pdf al link: http://www.laginestra.unipr.it/wp-content/uploads/2010/10/Cavallo-scar.pdf ;

2) un articolo su Legge e diritto naturale in Alasdair MacIntyre, in cui ripercorro un tratto dell’itinerario intellettuale di Alasdair MacIntyre, concentrandomi sul tema dei diritti umani e di una loro possibile fondazione ontologica. Se in Dopo la virtù (1981) egli scriveva che «non esistono diritti del genere, e credere in essi è come credere nelle streghe e negli unicorni», in scritti successivi ha sostenuto una concezione tomista della legge naturale, la quale è compatibile con il riconoscimento di diritti umani universali. La ripetuta presa di posizione, da parte di MacIntyre, contro di essi è basata implicitamente sull’assunto che «il linguaggio dei diritti non può essere separato dal contesto liberale in cui è nato» (D. Wallace). Tuttavia, gli scritti stessi del filosofo forniscono le premesse per un diverso approccio alla questione, che fornisce maggiore coerenza e forza all’etica che egli ha proposto nel corso degli anni. Questo saggio si trova su Il pensare, III, n. 3, pp. 24-34. L'intero numero della rivista è disponibile qui: http://www.ilpensare.it/ilpensare_2015.pdf


https://unito.academia.edu/GianlucaCavallo


Nietzsche, "Si deve imparare ad amare" (da "La Gaia Scienza")

334. Si deve imparare ad amare. Ecco che cosa ci accade nella musica: per prima cosa occorre imparare a udire una figura e una melodia, ad ascoltarla, a distinguere, quasi si stesse isolando e delimitando una vita a sé; poi ci vogliono la pazienza e la buona volontà di sopportarla, nonostante la sua estraneità, di usare pazienza nei confronti del suo sguardo e della sua espressione e mitezza nei confronti dei suoi elementi insoliti; giunge infine il momento in cui ci abituiamo a lei, la attendiamo, presagiamo che, se venisse a mancare, ne sentiremmo la mancanza; e così essa continua a esercitare la sua coercizione e il suo fascino, e non smette prima che siamo divenuti i suoi umili ed estasiati amanti, che dal mondo non vogliono nient'altro che lei, e ancora lei. Questo però non accade soltanto con la musica: proprio così abbiamo imparato ad amare tutte le cose che adesso amiamo. Veniamo sempre ricompensati, alla fin fine, per la nostra buona volontà, la nostra pazienza, equità, mitezza nei confronti di quanto ci è estraneo; l'estraneo infatti depone lentamente il suo velo e ci si rivela come nuova, ineffabile bellezza; è il suo ringraziamento per la nostra ospitalità. Anche chi ama se stesso avrà imparato a farlo in questo modo: non c'è altra strada. Anche l'amore va imparato.

F. Nietzsche, La gaia scienza, 334.