venerdì 25 aprile 2008

FESTA DEL 25 APRILE


25 APRILE: E' FESTA (NONOSTANTE TUTTO)
di Luigi Caputo Comitato regionale PRC Campania

25 aprile. Nonostante "Bella ciao" proibita, nonostante i processi
quotidiani alla Resistenza, nonostante i livori e i rancori dei
reazionari, nonostante il revisionismo e il negazionismo, nonostante
le strade dedicate ai gerarchi, nonostante gli armadi della vergogna,
nonostante le stragi impunite, nonostante i candidati che fanno il
saluto romano, nonostante i libri di storia "da riscrivere",
nonostante le speculazioni sulle foibe, nonostante i raduni dei reduci
repubblichini, nonostante la comprensione per i "ragazzi di Salò",
nonostante i tagli dei fondi all'ANPI e agli istituti per la storia
della Resistenza, nonostante i corifei della memoria condivisa,
nonostante le ronde padane, nonostante le croci celtiche, nonostante i
piduisti in attività, nonostante Grillo e il "V day", nonostante
quelli che vogliono abolire il 25 aprile,oggi è festa.

E' la gran festa d'aprile: la fine del mostro in camicia nera e bruna,
la festa del coraggio di scegliere e di schierarsi, la festa di coloro
che vinsero superando difficoltà quasi insormontabili, della ragione
contro le tenebre del fanatismo e i suoi macabri riti di morte, della
riappropriazione del nostro destino, del riscatto e della rinascita
della nazione, l'alba della Costituzione democratica, il giorno delle
piazze riconquistate alla politica e riempite dalle belle bandiere.

Oggi sappiamo che il percorso compiuto dal 1945 in poi (e ancor prima,
con l'opposizione al regime fascista), non rappresenta un cammino
rettilineo verso sempre maggiori conquiste sociali e nuovi diritti, ma
un itinerario contrastato e irto di difficoltà, come del resto
dimostrano molti momenti di questo sessantennio repubblicano. Mai come
in questo momento dobbiamo essere consapevoli dei rischi di ritorno
all'indietro, di un nuovo oscurantismo culturale, di una tremenda
reazione contro le lavoratrici e i lavoratori e le loro
organizzazioni, di rinnovati e più pesanti attacchi alla Costituzione,
in un Parlamento privato, per la prima volta dal dopoguerra, della
presenza dei comunisti e della sinistra. E tuttavia ci conforta, tra
gli altri, un pensiero - un vantaggio, se vogliamo-rispetto alla
generazione che sessanta anni fa riguadagnò la libertà al nostro
paese. Essa era infatti una generazione senza maestri o che, per
meglio dire, i propri maestri dovette cercarli, faticosamente e spesso
pericolosamente, nei libri, in situazioni estemporanee, in qualche
spazio sottratto all'onnipresente controllo della dittatura. Noi,
antifascisti del presente, abbiamo come riferimento, accanto a tante
speranze disattese, una storia che si è compiuta, conquiste che si
sono oggettivate in istituti giuridici – primo fra tutti la
Costituzione repubblicana- , figure esemplari che hanno testimoniato
con le proprie biografie la possibilità di un 'altra Italia. Uno di
questi personaggi, tra gli eroi eponimi della lotta di liberazione,
Sandro Pertini, era solito concludere i propri discorsi, anche da
Presidente della Repubblica, con il motto "Ora e sempre Resistenza".
Ritengo che non sia retorico riproporlo oggi, in un mutato contesto
storico-politico, ma mantenendone integri lo spirito e il messaggio
etico-civile, nel quale sono riposti le nostre radici e il nostro
futuro.

domenica 20 aprile 2008

E ora, sinistra unita!

www.myspace.com/comunistiuniti


Dopo il crollo della Sinistra Arcobaleno, ci rivolgiamo ai militanti e ai dirigenti del Pdci e del Prc e a tutte le comuniste/i ovunque collocati in Italia Siamo comuniste e comunisti del nostro tempo. Abbiamo scelto di stare nei movimenti e nel conflitto sociale. Abbiamo storie e sensibilità diverse: sappiamo che non è il tempo delle certezze. Abbiamo il senso, anche critico, della nostra storia, che non rinneghiamo; ma il nostro sguardo è rivolto al presente e al futuro. Non abbiamo nostalgia del passato, semmai di un futuro migliore. Il risultato della Sinistra Arcobaleno è disastroso: non solo essa ottiene un quartodella somma dei voti dei tre partiti nel 2006 (10,2%) - quando ancora non vi era l’apporto di Sinistra Democratica - ma raccoglie assai meno della metàdei voti ottenuti due anni fa dai due partiti comunisti (PRC e PdCI), che superarono insieme l’8%. E poco più di un terzo del miglior risultato dell’8,6% di Rifondazione, quando essa era ancora unita. Tre milioni sono i voti perduti rispetto al 2006. E per la prima volta nell’Italia del dopoguerra viene azzerata ogni rappresentanza parlamentare: nessun comunista entra in Parlamento. Il dato elettorale ha radici assai più profonde del mero richiamo al “voto utile”:risaltano la delusione estesa e profonda del popolo della sinistra e dei movimenti per la politica del governo Prodi e l’emergere in settori dell’Arcobaleno di una prospettiva di liquidazione dell’autonomia politica, teorica e organizzativa dei comunisti in una nuova formazione non comunista, non anticapitalista, orientata verso posizioni e culture neo-riformiste. Una formazione che non avrebbe alcuna valenza alternativa e sarebbe subalterna al progetto moderato del Partito Democratico e ad una logica di alternanza di sistema. E’ giunto il tempo delle scelte: questa è la nostra Non condividiamo l’idea del soggetto unico della sinistra di cui alcuni chiedono ostinatamente una “accelerazione”, nonostante il fallimento politico-elettorale. Proponiamo invece una prospettiva di unità e autonomia delle forze comuniste in Italia, in un processo di aggregazione che, a partire dalle forze maggiori (PRC e PdCI), vada oltre coinvolgendo altre soggettività politiche e sociali, senza settarismi o logiche auto-referenziali. Rivolgiamo un appello ai militanti e ai dirigenti di Rifondazione, del PdCI, di altre associazioni o reti, e alle centinaia di migliaia di comuniste/i senza tessera che in questi anni hanno contribuito nei movimenti e nelle lotte a porre le basi di una società alternativa al capitalismo, perché non si liquidino le espressioni organizzate dei comunisti ed anzi si avvii un processo aperto e innovativo, volto alla costruzione di una “casa comune dei comunisti”. Ci rivolgiamo: -alle lavoratrici, ai lavoratori e agli intellettuali delle vecchie e nuove professioni, ai precari, al sindacalismo di classe e di base, ai ceti sociali che oggi “non ce la fanno più” e per i quali la “crisi della quarta settimana” non è solo un titolo di giornale: che insieme rappresentano la base strutturale e di classe imprescindibile di ogni lotta contro il capitalismo; -ai movimenti giovanili, femministi, ambientalisti, per i diritti civili e di lotta contro ogni discriminazione sessuale, nella consapevolezza che nel nostro tempo la lotta per il socialismo e il comunismo può ritrovare la sua carica originaria di liberazione integrale solo se è capace di assumere dentro il proprio orizzonte anche le problematiche poste dal movimento femminista; -ai movimenti contro la guerra, internazionalisti, che lottano contro la presenza di armi nucleari e basi militari straniere nel nostro Paese, che sono a fianco dei paesi e dei popoli (come quello palestinese) che cercano di scuotersi di dosso la tutela militare, politica ed economica dell’imperialismo; -al mondo dei migranti, che rappresentano l’irruzione nelle società più ricche delle terribili ingiustizie che l’imperialismo continua a produrre su scala planetaria, perchè solo dall’incontro multietnico e multiculturale può nascere - nella lotta comune - una cultura ed una solidarietà cosmopolita, non integralista, anti-razzista, aperta alla “diversità”, che faccia progredire l’umanità intera verso traguardi di superiore convivenza e di pace. Auspichiamo un processo che fin dall’inizio si caratterizzi per la capacità di promuovere una riflessione problematica, anche autocritica. Indagando anche sulle ragioni per le quali un’esperienza ricca e promettente come quella originaria della “rifondazione comunista” non sia stata capace di costruire quel partito comunista di cui il movimento operaio e la sinistra avevano ed hanno bisogno; e come mai quel processo sia stato contrassegnato da tante divisioni, separazioni, defezioni che hanno deluso e allontanato dalla militanza decine di migliaia di compagne/i. Chiediamo una riflessione sulle ragioni che hanno reso fragile e inadeguato il radicamento sociale e di classe dei partiti che provengono da quella esperienza, ed anche gli errori che ci hanno portati in un governo che ha deluso le aspettative del popolo di sinistra: il che è pure all’origine della ripresa delle destre. Ci vorrà tempo, pazienza e rispetto reciproco per questa riflessione. Ma se la eludessimo, troppo precarie si rivelerebbero le fondamenta della ricostruzione. Il nostro non è un impegno che contraddice l’esigenza giusta e sentita di una più vasta unità d’azione di tutte le forze della sinistra che non rinunciano al cambiamento. Né esclude la ricerca di convergenze utili per arginare l’avanzata delle forze più apertamente reazionarie. Ma tale sforzo unitario a sinistra avrà tanto più successo, quanto più incisivo sarà il processo di ricostruzione di un partito comunista forte e unitario, all’altezza dei tempi. Che - tanto più oggi - sappia vivere e radicarsi nella società prima ancora che nelle istituzioni, perché solo il radicamento sociale può garantire solidità e prospettive di crescita e porre le basi di un partito che abbia una sua autonoma organizzazione e un suo autonomo ruolo politico con influenza di massa, nonostante l’attuale esclusione dal Parlmento e anche nella eventualità di nuove leggi elettorali peggiorative. La manifestazione del 20 ottobre 2007, nella quale un milione di persone sono sfilate con entusiasmo sotto una marea di bandiere rosse coi simboli comunisti, dimostra – più di ogni altro discorso – che esiste nell’Italia di oggi lo spazio sociale e politico per una forza comunista autonoma, combattiva, unita ed unitaria, che sappia essere il perno di una più vasta mobilitazione popolare a sinistra, che sappia parlare - tra gli altri - ai 200.000 della manifestazione contro la base di Vicenza, ai delegati sindacali che si sono battuti per il NO all’accordo di governo su Welfare e pensioni, ai 10 milioni di lavoratrici e lavoratori che hanno sostenuto il referendum sull’art.18. Auspichiamo che questo appello – anche attraverso incontri e momenti di discussione aperta - raccolga un’ampia adesione in ogni città, territorio, luogo di lavoro e di studio, ovunque vi siano un uomo, una donna, un ragazzo e una ragazza che non considerano il capitalismo l’orizzonte ultimo della civiltà umana.

martedì 15 aprile 2008

Fine della sinistra parlamentare


Il risultato delle elezioni non può lasciar spazio a dubbi: la Sinistra ha finito la sua avventura in parlamento o, almeno, si dovrà prendere una "pausa di riflessione" per l'intera durata della legislatura nascente che, con ogni probabilità, è destinata ad essere forte e coesa e conseguentemente a stare in piedi per i prossimi 5 anni. Da cosa è stata causata questa improvvisa e, credo, inaspettata disfatta della Sinistra? Personalmente non me l'aspettavo proprio... Probabilmente il tradizionale elettorato di Sinistra si è reso conto degli errori palesi commessi dal nostro partito durante i due anni di governo Prodi. Sono gli stessi errori che hanno portato alla scissione di alcuni compagni e che hanno portato alla nascita di Sinistra Critica. Come questi hanno sottolineato, Rifondazione Comunista ha votato spesso a favore delle proposte del governo, per tenerlo in piedi quando poneva la fiducia, tradendo così le masse popolari con cui scendevano in piazza e dalle quali avevano ricevuto la forza e la possibilità di esistere. Bertinotti ha fatto autocritica, ma sembrava - e forse era - un'autocritica falsa, demagogica, come potrebbe dimostrare il fatto che il suo Partito cercava alleanza col PD e che con questo l'ha trovata, per esempio, a Roma. Nonostante queste considerazioni non si può dire che i voti mancati alla Sinistra Arcobaleno siano passati nelle mani di Sinistra Critica, ma è assai probabile che molti ex elettori si siano sentiti traditi dal proprio Partito, abbiano ritenuto indegno di fiducia politica o pratica quello nuovo, e si siano astenuti dal voto oppure, non sentendosi rappresentati dalle forze minoritarie comuniste, abbiamo optato per un voto più "facile", indirizzato al Partito Democratico ovvero a Italia dei Valori. Questa sconfitta totale deve portarci a riflettere: solo con una politica seria e coerente, impegnata e a fianco della gente si può veramente "costruire la Sinistra in Italia", come più volte lo stesso Bertinotti ha auspicato - ed è il sogno di tutti noi. Negli anni che seguiranno non potremo che fare opposizione extra-parlamentare, che dovrà certo essere forte e determinata se si considerano i voti che ha preso la Lega Nord, la quale sarà sicuramente pronta a riproporre leggi ingiuste e violente sull'immigrazione ecc. Dovremo cercare di riunirci con i compagni che si sono staccati, ammettendo onestamente i nostri sbagli e sicuramente consatando che divisi non si va da nessuna parte; dovremo farci sentire al fianco delle donne e degli uomini delle manifestazioni, degli scioperi; ripartire da quello che chiede la gente e cercare di creare una nuova forza politica, determinata ad ottenere una società più giusta, che riconosca i diritti degli immigrati, dei conviventi e degli omosessuali; che preferisca la spesa per la scuola pubblica alla spesa per le missioni armate al servizio degli Stati Uniti (ai quali con questa formazione politica ci avviciniamo ancora di più); che ottenga un buon risultato nella lotta al precariato... insomma, che realizzi ciò che il suo elettorato ha sempre sperato che riuscisse ad ottenere, restando troppo spesso delusa. Nel frattempo speriamo che cambi anche la legge elettorale e... Resistenza Hasta la Victoria!

lunedì 14 aprile 2008

Palindromo

E' arte libar o no? No! Ne' oso lode. Odi?
Va a rutti ridda: i cinici, sozzi beoni libano
Con i vivaci, rituali rumor, bagordi animati,
videogames… E pare dicano che bever gotti
lede! Ed or fallar e' negato: i di' nuovi con
arte preparare, si deve. Ed or, fare a meno di
ber, e' meta d'elite. Oramai, su, finitela
coll'enoteca: era troppo, sotto sotto,
sopportare aceto nel locale tini: fu si' amaro
etile da temere bidone, ma era frode!
E vedi s'e' rara! Perpetra, nocivo, un idiota
general, la frode. E' delitto greve! Beh, con
acide rape (se mago e'), di vitamina «i»
droga, bromuri, lauti ricavi, vino - con abili
Noe' bizzosi, cinici addirittura - avido e
doloso e non onorabile, trae.

Era cedro colossale
pe' lavoro. E
o' suono, barre',
vate, osso, eta'
verra' bono uso.
E oro vale
pe' l'assolo,
corde care.

Trace l'inégal palindrome. Neige. Bagatelle, dira Hercule. Le brut repentir, cet écrit né Perec. L'arc lu pèse trop, lis à vice-versa.
Perte. Cerise d'une vérité banale, le Malstrom, Alep, mort édulcoré, crêpe porté de ce désir brisé d'un iota. Livre si aboli, tes sacres ont éreinté, cor cruel, nos albatros. Être las, autel bâti, miette vice-versa du jeu que fit, nacré, médical, le sélénite relaps, ellipsoïdal.
Ivre il bat, la turbine bat, l'isolé me ravale : le verre si obéi du Pernod -- eh, port su ! -- obsédante sonate teintée d'ivresse.
Ce rêve se mit -- peste ! -- à blaguer. Beh ! L'art sec n'a si peu qu'algèbre s'élabore de l'or évalué. Idiome étiré, hésite, bâtard replié, l'os nu. Si, à la gêne secrète verbe nul à l'instar de cinq occis--, rets amincis, drailles inégales, il, avatar espacé, caresse ce noir Belzebuth, ô il offensé, tire !
L'écho fit (à désert) : Salut, sang, robe et été.
Fièvres.
Adam, rauque; il écrit : Abrupt ogre, eh, cercueil, l'avenir tu, effilé, génial à la rue (murmure sud eu ne tire vaseline séparée; l'épeire gelée rode : Hep, mortel ?) lia ta balafre native.
Litige. Regagner (et ne m'…).
Ressac. Il frémit, se sape, na ! Eh, cavale! Timide, il nia ce sursaut.
Hasard repu, tel, le magicien à morte me lit. Un ignare le rapsode, lacs ému, mixa, mêla :
Hep, Oceano Nox, ô, béchamel azur ! Éjaculer ! Topaze !
Le cèdre, malabar faible, Arsinoë le macule, mante ivre, glauque, pis, l'air atone (sic). Art sournois : si, médicinale, l'autre glace (Melba ?) l'un ? N'alertai ni pollen (retêter : gercé, repu, denté…) ni tobacco.
Tu, désir, brio rimé, eh, prolixe nécrophore, tu ferres l'avenir velu, ocre, cromant-né ?
Rage, l'ara. Veuglaire. Sedan, tes elzévirs t'obsèdent. Romain ? Exact. Et Nemrod selle ses Samson !
Et nier téocalli ?
Cave canem (car ce nu trop minois -- rembuscade d'éruptives à babil -- admonesta, fil accru, Têtebleu ! qu'Ariane évitât net.
Attention, ébénier factice, ressorti du réel. Ci-gît. Alpaga, gnôme, le héros se lamente, trompé, chocolat : ce laid totem, ord, nil aplati, rituel biscornu; ce sacré bédeau (quel bât ce Jésus!). Palace piégé, Torpédo drue si à fellah tôt ne peut ni le Big à ruer bezef.
L'eugéniste en rut consuma d'art son épi d'éolienne ici rot (eh… rut ?). Toi, d'idem gin, élèvera, élu, bifocal, l'ithos et notre pathos à la hauteur de sec salamalec ?
Élucider. Ion éclaté : Elle ? Tenu. Etna but (item mal famé), degré vide, julep : macédoine d'axiomes, sac semé d'École, véniel, ah, le verbe enivré (ne sucer ni arrêter, eh ça jamais !) lu n'abolira le hasard ?
Nu, ottoman à écho, l'art su, oh, tara zéro, belle Deborah, ô, sacre ! Pute, vertubleu, qualité si vertu à la part tarifé (décalitres ?) et nul n'a lu trop s'il séria de ce basilic Iseut.
Il a prié bonzes, Samaritain, Tora, vilains monstres (idolâtre DNA en sus) rêvés, évaporés :
Arbalète (bètes) en noce du Tell ivre-mort, émeri tu : O, trapu à elfe, il lie l'os, il lia jérémiade lucide. Petard! Rate ta reinette, bigleur cruel, non à ce lot ! Si, farcis-toi dito le coeur !
Lied à monstre velu, ange ni bête, sec à pseudo délire : Tsarine (sellée, là), Cid, Arétin, abruti de Ninive, Déjanire..
Le Phenix, eve de sables, écarté, ne peut égarer racines radiales en mana : l'Oubli, fétiche en argile.
Foudre.
Prix : Ile de la Gorgone en roc, et, ô, Licorne écartelée,
Sirène, rumb à bannir à ma (Red n'osa) niére de mimosa :
Paysage d'Ourcq ocre sous ive d'écale;
Volcan. Roc : tarot célé du Père.
Livres.
Silène bavard, replié sur sa nullité (nu à je) belge : ipséité banale. L' (eh, ça !) hydromel à ri, psaltérion. Errée Lorelei…
Fi ! Marmelade déviré d'Aladine. D'or, Noël : crèche (l'an ici taverne gelée dès bol…) à santon givré, fi !, culé de l'âne vairon.
Lapalisse élu, gnoses sans orgueil (écru, sale, sec). Saluts : angiome. T'es si crâneur !
Rue. Narcisse ! Témoignas-tu ! l'ascèse, là, sur ce lieu gros, nasses ongulées…
S'il a pal, noria vénale de Lucifer, vignot nasal (obsédée, le genre vaticinal), eh, Cercle, on rode, nid à la dérive, Dédale (M.. !) ramifié ?
Le rôle erre, noir, et la spirale mord, y hache l'élan abêti : Espiègle (béjaune) Till : un as rusé.
Il perdra. Va bene.
Lis, servile repu d'électorat, cornac, Lovelace. De visu, oser ?
Coq cru, ô, Degas, y'a pas, ô mime, de rein à sonder : à marin nabab, murène risée.
Le trace en roc, ilote cornéen.
O, grog, ale d'elixir perdu, ô, feligrane! Eh, cité, fil bu !
ô ! l'anamnèse, lai d'arsenic, arrérage tué, pénétra ce sel-base de Vexin. Eh, pèlerin à (Je : devin inédit) urbanité radicale (elle s'en ira…), stérile, dodu.
Espaces (été biné ? gnaule ?) verts.
Nomade, il rue, ocelot. Idiot-sic rafistolé : canon ! Leur cruel gibet te niera, têtard raté, pédicule d'aimé rejailli.
Soleil lie, fléau, partout ire (Métro, Mer, Ville…) tu déconnes. Été : bètel à brasero. Pavese versus Neandertal ! O, diserts noms ni à Livarot ni à Tir ! Amassez.
N'obéir.
Pali, tu es ici : lis abécédaires, lis portulan : l'un te sert-il ? à ce défi rattrapa l'autre ? Vise-t-il auquel but rêvé tu perças ?
Oh, arobe d'ellébore, Zarathoustra! L'ohcéan à mot (Toundra ? Sahel ?) à ri : Lob à nul si à ma jachère, terrain récusé, nervi, née brève l'haleine véloce de mes casse-moix à (Déni, ô !) décampé.
Lu, je diverge de ma flamme titubante : une telle (étal, ce noir édicule cela mal) ascèse drue tua, ha, l'As.
Oh, taper ! Tontes ! Oh, tillac, ô, fibule à rêve l'Énigme (d'idiot tu) rhétoricienne.
Il, Oedipe, Nostradamus nocturne et, si né Guelfe, zébreur à Gibelin tué (pentothal ?), le faiseur d'ode protège.
Ipéca… : lapsus.
Eject à bleu qu'aède berça sec. Un roc si bleu ! Tir. ital. : palindrome tôt dialectal. Oc ? Oh, cep mort et né, mal essoré, hélé. Mon gag aplati gicle. Érudit rosse-récit, ça freine, benoit, net.
Ta tentative en air auquel bète, turc, califat se (nom d'Ali-Baba !) sévit, pure de -- d'ac ? -- submersion importune, crac, menace, vacilla, co-étreinte…
Nos masses, elles dorment ? Etc… Axé ni à mort-né des bots. Rivez ! Les Etna de Serial-Guevara l'égarent. N'amorcer coulevrine.
Valser. Refuter.
Oh, porc en exil (Orphée), miroir brisé du toc cabotin et né du Perec : Regret éternel. L'opiniâtre. L'annulable.
Mec, Alger tua l'élan ici démission. Ru ostracisé, notarial, si peu qu'Alger, Viet-Nam (élu caméléon !), Israël, Biafra, bal à merde : celez, apôtre Luc à Jéruzalem, ah ce boxon! On à écopé, ha, le maximum !
Escale d'os, pare le rang inutile. Métromane ici gamelle, tu perdras. Ah, tu as rusé! Cain! Lied imité la vache (à ne pas estimer) (flic assermenté, rengagé) régit.
Il évita, nerf à la bataille trompé.
Hé, dorée, l'Égérie pelée rape, sénile, sa vérité nue du sérum : rumeur à la laine, gel, if, feutrine, val, lieu-créche, ergot, pur, Bâtir ce lieu qu'Armada serve : if étété, éborgnas-tu l'astre sédatif ?
Oh, célérités ! Nef ! Folie ! Oh, tubez ! Le brio ne cessera, ce cap sera ta valise; l'âge : ni sel-liard (sic) ni master-(sic)-coq, ni cédrats, ni la lune brève. Tercé, sénégalais, un soleil perdra ta bétise héritée (Moi-Dieu, la vérole!)
Déroba le serbe glauque, pis, ancestral, hébreu (Galba et Septime-Sévère). Cesser, vidé et nié. Tetanos. Etna dès boustrophédon répudié. Boiser. Révèle l'avare mélo, s'il t'a béni, brutal tablier vil. Adios. Pilles, pale rétine, le sel, l'acide mercanti. Feu que Judas rêve, civette imitable, tu as alerté, sort à blason, leur croc. Et nier et n'oser. Casse-t-il, ô, baiser vil ? à toi, nu désir brisé, décédé, trope percé, roc lu. Détrompe la. Morts : l'Ame, l'Élan abêti, revenu. Désire ce trépas rêvé : Ci va ! S'il porte, sépulcral, ce repentir, cet écrit ne perturbe le lucre : Haridelle, ta gabegie ne mord ni la plage ni l'écart.

____Georges Perec


venerdì 11 aprile 2008

Elio al dopofesival 2008

Eh sì... in Italia abbiamo grandi artisti che legano poesia e musica. Vediamo l'analisi approfondita di un testo ermetico firmato Tatangelo.