
25 aprile. Nonostante "Bella ciao" proibita, nonostante i processi
quotidiani alla Resistenza, nonostante i livori e i rancori dei
reazionari, nonostante il revisionismo e il negazionismo, nonostante
le strade dedicate ai gerarchi, nonostante gli armadi della vergogna,
nonostante le stragi impunite, nonostante i candidati che fanno il
saluto romano, nonostante i libri di storia "da riscrivere",
nonostante le speculazioni sulle foibe, nonostante i raduni dei reduci
repubblichini, nonostante la comprensione per i "ragazzi di Salò",
nonostante i tagli dei fondi all'ANPI e agli istituti per la storia
della Resistenza, nonostante i corifei della memoria condivisa,
nonostante le ronde padane, nonostante le croci celtiche, nonostante i
piduisti in attività, nonostante Grillo e il "V day", nonostante
quelli che vogliono abolire il 25 aprile,oggi è festa.
E' la gran festa d'aprile: la fine del mostro in camicia nera e bruna,
la festa del coraggio di scegliere e di schierarsi, la festa di coloro
che vinsero superando difficoltà quasi insormontabili, della ragione
contro le tenebre del fanatismo e i suoi macabri riti di morte, della
riappropriazione del nostro destino, del riscatto e della rinascita
della nazione, l'alba della Costituzione democratica, il giorno delle
piazze riconquistate alla politica e riempite dalle belle bandiere.
Oggi sappiamo che il percorso compiuto dal 1945 in poi (e ancor prima,
con l'opposizione al regime fascista), non rappresenta un cammino
rettilineo verso sempre maggiori conquiste sociali e nuovi diritti, ma
un itinerario contrastato e irto di difficoltà, come del resto
dimostrano molti momenti di questo sessantennio repubblicano. Mai come
in questo momento dobbiamo essere consapevoli dei rischi di ritorno
all'indietro, di un nuovo oscurantismo culturale, di una tremenda
reazione contro le lavoratrici e i lavoratori e le loro
organizzazioni, di rinnovati e più pesanti attacchi alla Costituzione,
in un Parlamento privato, per la prima volta dal dopoguerra, della
presenza dei comunisti e della sinistra. E tuttavia ci conforta, tra
gli altri, un pensiero - un vantaggio, se vogliamo-rispetto alla
generazione che sessanta anni fa riguadagnò la libertà al nostro
paese. Essa era infatti una generazione senza maestri o che, per
meglio dire, i propri maestri dovette cercarli, faticosamente e spesso
pericolosamente, nei libri, in situazioni estemporanee, in qualche
spazio sottratto all'onnipresente controllo della dittatura. Noi,
antifascisti del presente, abbiamo come riferimento, accanto a tante
speranze disattese, una storia che si è compiuta, conquiste che si
sono oggettivate in istituti giuridici – primo fra tutti la
Costituzione repubblicana- , figure esemplari che hanno testimoniato
con le proprie biografie la possibilità di un 'altra Italia. Uno di
questi personaggi, tra gli eroi eponimi della lotta di liberazione,
Sandro Pertini, era solito concludere i propri discorsi, anche da
Presidente della Repubblica, con il motto "Ora e sempre Resistenza".
Ritengo che non sia retorico riproporlo oggi, in un mutato contesto
storico-politico, ma mantenendone integri lo spirito e il messaggio
etico-civile, nel quale sono riposti le nostre radici e il nostro
futuro.
quotidiani alla Resistenza, nonostante i livori e i rancori dei
reazionari, nonostante il revisionismo e il negazionismo, nonostante
le strade dedicate ai gerarchi, nonostante gli armadi della vergogna,
nonostante le stragi impunite, nonostante i candidati che fanno il
saluto romano, nonostante i libri di storia "da riscrivere",
nonostante le speculazioni sulle foibe, nonostante i raduni dei reduci
repubblichini, nonostante la comprensione per i "ragazzi di Salò",
nonostante i tagli dei fondi all'ANPI e agli istituti per la storia
della Resistenza, nonostante i corifei della memoria condivisa,
nonostante le ronde padane, nonostante le croci celtiche, nonostante i
piduisti in attività, nonostante Grillo e il "V day", nonostante
quelli che vogliono abolire il 25 aprile,oggi è festa.
E' la gran festa d'aprile: la fine del mostro in camicia nera e bruna,
la festa del coraggio di scegliere e di schierarsi, la festa di coloro
che vinsero superando difficoltà quasi insormontabili, della ragione
contro le tenebre del fanatismo e i suoi macabri riti di morte, della
riappropriazione del nostro destino, del riscatto e della rinascita
della nazione, l'alba della Costituzione democratica, il giorno delle
piazze riconquistate alla politica e riempite dalle belle bandiere.
Oggi sappiamo che il percorso compiuto dal 1945 in poi (e ancor prima,
con l'opposizione al regime fascista), non rappresenta un cammino
rettilineo verso sempre maggiori conquiste sociali e nuovi diritti, ma
un itinerario contrastato e irto di difficoltà, come del resto
dimostrano molti momenti di questo sessantennio repubblicano. Mai come
in questo momento dobbiamo essere consapevoli dei rischi di ritorno
all'indietro, di un nuovo oscurantismo culturale, di una tremenda
reazione contro le lavoratrici e i lavoratori e le loro
organizzazioni, di rinnovati e più pesanti attacchi alla Costituzione,
in un Parlamento privato, per la prima volta dal dopoguerra, della
presenza dei comunisti e della sinistra. E tuttavia ci conforta, tra
gli altri, un pensiero - un vantaggio, se vogliamo-rispetto alla
generazione che sessanta anni fa riguadagnò la libertà al nostro
paese. Essa era infatti una generazione senza maestri o che, per
meglio dire, i propri maestri dovette cercarli, faticosamente e spesso
pericolosamente, nei libri, in situazioni estemporanee, in qualche
spazio sottratto all'onnipresente controllo della dittatura. Noi,
antifascisti del presente, abbiamo come riferimento, accanto a tante
speranze disattese, una storia che si è compiuta, conquiste che si
sono oggettivate in istituti giuridici – primo fra tutti la
Costituzione repubblicana- , figure esemplari che hanno testimoniato
con le proprie biografie la possibilità di un 'altra Italia. Uno di
questi personaggi, tra gli eroi eponimi della lotta di liberazione,
Sandro Pertini, era solito concludere i propri discorsi, anche da
Presidente della Repubblica, con il motto "Ora e sempre Resistenza".
Ritengo che non sia retorico riproporlo oggi, in un mutato contesto
storico-politico, ma mantenendone integri lo spirito e il messaggio
etico-civile, nel quale sono riposti le nostre radici e il nostro
futuro.