giovedì 24 giugno 2010
Wondering
in un terreno lavato come un greto,
il mistico alimento cui attingere forza...
(da C. Baudelaire, Il nemico)
domenica 20 giugno 2010
Il ladro di rondini
sabato 19 giugno 2010
Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock - T. S. Eliot
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa fiamma staria senza più scosse.
Ma perciocché giammai di questa fondo
Non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero,
Senza tema d'infamia ti rispondo.
Dante, Inferno (XXVII, 61-66)
Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte,
Mormoranti ricoveri
Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d'ostriche;
Strade che si succedono come un tedioso argomento
Con l'insidioso proposito
Di condurti a domande che opprimono...
Oh, non chiedere « Cosa? »
Andiamo a fare la nostra visita.
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini,
Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
E vedendo che era una soffice sera d'ottobre
S'arricciolò attorno alla casa, e si assopì.
E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare,
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,
E per cento visioni e revisioni,
Prima di prendere un tè col pane abbrustolito
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
E di sicuro ci sarà tempo
Di chiedere, « Posso osare? » e, « Posso osare? »
Tempo di volgere il capo e scendere la scala,
Con una zona calva in mezzo ai miei capelli -
(Diranno: « Come diventano radi i suoi capelli! »)
Con il mio abito per la mattina, con il colletto solido che arriva fino al mento,
Con la cravatta ricca e modesta, ma asseríta da un semplice spillo -
(Diranno: « Come gli son diventate sottili le gambe e le braccia! »)
Oserò
Turbare l'universo?
In un attimo solo c'è tempo
Per decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà
Perché già tutte le ho conosciute, conosciute tutte: -
Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi,
Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè;
Conosco le voci che muoiono con un morente declino
Sotto la musica giunta da una stanza più lontana.
Così, come potrei rischiare?
E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti -
Gli occhi che ti fissano in una frase formulata,
E quando sono formulato, appuntato a uno spillo,
Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro
Come potrei allora cominciare
A sputar fuori tutti i mozziconi dei miei giorni e delle mie abitudini? .
Come potrei rischiare?
E ho già conosciuto le braccia, conosciute tutte -
Le braccia ingioiellate e bianche e nude
(Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!)
E' il profumo che viene da un vestito
Che mi fa divagare a questo modo?
Braccia appoggiate a un tavolo, o avvolte in uno scialle.
Potrei rischiare, allora?-
Come potrei cominciare?
. . . . . . . . . . . .
Direi, ho camminato al crepuscolo per strade strette
Ed ho osservato il fumo che sale dalle pipe
D'uomini solitari in maniche di camicia affacciati alle finestre?...
Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi
. . . . . . . . . . . . .
E il pomeriggio, la sera, dorme così tranquillamente!
Lisciata da lunghe dita,
Addormentata... stanca... o gioca a fare la malata,
Sdraiata sul pavimento, qui fra te e me.
Potrei, dopo il tè e le paste e, i gelati,
Aver la forza di forzare il momento alla sua crisi?
Ma sebbene abbia pianto e digiunato, pianto e pregato,
Sebbene abbia visto il mio capo (che comincia un po' a perdere i capelli)
Portato su un vassoio,
lo non sono un profeta - e non ha molta importanza;
Ho visto vacillare il momento della mia grandezza,
E ho visto l'eterno Lacchè reggere il mio soprabito ghignando,
E a farla breve, ne ho avuto paura.
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Dopo le tazze, la marmellata e il tè,
E fra la porcellana e qualche chiacchiera
Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena
D'affrontare il problema sorridendo,
Di comprimere tutto l'universo in una palla
E di farlo rotolare verso una domanda che opprime,
Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti,
Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » -
Se una, mettendole un cuscino accanto al capo,
Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire.
Non è questo, per niente. »
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Ne sarebbe valsa la pena,
Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne strascicate sul pavimento
E questo, e tante altre cose? -
E' impossibile dire ciò che intendo!
Ma come se una lanterna magica proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo:
Ne sarebbe valsa la pena
Se una, accomodandosi un cuscino o togliendosi uno scialle,
E volgendosi verso la finestra, dicesse:
« Non è per niente questo,
Non è per niente questo che volevo dire. »
. . . . . . . . . . .
No! lo non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo;
Io sono un cortigiano, sono uno
Utile forse a ingrossare un corteo, a dar l'avvio a una scena o due,
Ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo,
Deferente, felice di mostrarsi utile,
Prudente, cauto, meticoloso;
Pieno di nobili sentenze, ma un po' ottuso;
Talvolta, in verità, quasi ridicolo -
E quasi, a volte, il Buffone.
Divento vecchio... divento vecchio...
Porterò i pantaloni arrotolati in fondo.
Dividerò i miei capelli sulla nuca? Avrò il coraggio di mangiare una pesca?
Porterò pantaloni di flanella bianca, e camminerò sulla spiaggia.
Ho udito le sirene cantare l'una all'altra.
Non credo che canteranno per me.
Le ho viste al largo cavalcare l'onde
Pettinare la candida chioma dell'onde risospinte:
Quando il vento rigonfia l'acqua bianca e nera.
Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare
Con le figlie del mare incoronate d'alghe rosse e brune
Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.
martedì 1 giugno 2010
Ora basta, boicottiamo Israele
Non vi sono parole a sufficienza per definire l’attacco della marina israeliana contro la nave di pacifisti diretta a Gaza. Criminale, brutale, vergognoso. Inaudito. Un atto criminale, di terrorismo di stato. Non esistono giustificazioni per un’aggressione senza precedenti. Al momento in cui scriviamo non sappiamo con esattezza quante e chi siano le vittime, a cui esprimiamo tutto il nostro cordoglio. Il bilancio ufficiale dice 10, oltre ad un numero imprecisato di feriti. La censura ferrea dei militari israeliani impedisce di conoscere i dettagli del sanguinoso attacco. Trapelano solo le loro veline tese ad avvalorare tesi insostenibili. Difficile capire il perché di una decisione cosi disumana, oltre che avventata politicamente, come quella di aprire il fuoco su civili di una missione umanitaria. Con questa azione Israele rimarrà ancora più isolata, compromettendo seriamente le sue relazioni con la Turchia. Aiuta il ravvicinamento della potenza turca con i vicini Iran e Siria, e il disegno della leadership di Ankara di allentare i legami storici del suo paese con Israele, legami garantiti dalla casta militare con cui il governo Erdogan ha in corso un difficile braccio di ferro. Una Turchia, che, vale la pena ricordarlo, si fa paladina del popolo palestinese mentre continua a massacrare quello kurdo.Tutto il mondo arabo (ma non solo) è scosso da manifestazioni popolari di protesta. Si apre quindi uno scenario incerto, terribile, di nuove e antiche tensioni nel Medio Oriente, che potrebbe facilmente precipitare.
Tutta la comunità internazionale sta condannando l’attacco, con naturalmente toni diversi, ma anche significative eccezioni. Quelle del governo italiano, che non va oltre la deplorazione e il doveroso lutto per le vittime civili. Quelle del governo Usa, che al momento non va oltre un generico rammarico ed una esortazione a circoscrivere e fare piena luce su quanto accaduto. Gli Usa si trovano di fronte al rischio di veder saltare il loro sistema di alleanze nella regione. Il processo di pace, già fermo e morto da tempo, ma tenuto vivo solo attraverso colloqui indiretti voluti dagli Usa nonostante già destinati al fallimento, risulta definitivamente compromesso.Non esistono giustificazioni plausibili, meno che meno quelle fantasiose che Barak, il laburista ministro della difesa israeliano, protagonista già di piombo fuso e del massacro della Striscia di Gaza, sta cercando di usare per addebitare alle vittime la responsabilità dell’accaduto. Che lui lo faccia, anche se scandaloso, non ci meraviglia. Molto meno che a sposarne la tesi siano anche esponenti del governo italiano. Il sottosegretario Alfredo Mantica definisce la missione umanitaria una «volontaria provocazione». Lo stesso fa la vice presidente della commissione esteri della camera Fiamma Nirestein. Il ministro degli esteri Frattini si augura che non si interrompano i negoziati di pace. Qualcuno lo avverta che sono belli che interrotti, fermi e bloccati, i negoziati.
Per volontà di Israele e del suo amico Bibi Netanyau, che continua a costruire colonie ed insediamenti, il muro dell’apartheid, come del resto hanno fatto tutti i suoi predecessori da Oslo in poi, seguendo il principio di prendere più terra possibile, per lasciare il nulla, o al massimo una groviera di città divise fra loro, ai palestinesi.
Oggi è il momento dello sdegno, della protesta, della giusta e sacrosanta indignazione. Ma è anche il momento di affermare con più forza l’assoluta necessità di rilanciare il movimento di solidarietà e per il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Una questione aperta da sessanta anni e che se non risolta aprirà nuove e più laceranti ferite fra nord e sud del Mediterraneo. Israele va messa di fronte alle sue responsabilità politiche e storiche. E per farlo non serve l’atteggiamento consolatorio, complice, o di sudditanza come quello ad esempio del nostro governo (come anche di parte dell’opposizione parlamentare), che si fregia di essere il miglior amico di Israele in Europa.
Serve, all’opposto, dimostrare un’univoca volontà politica di non tollerare più gli abusi, le violazioni del diritto internazionale che in nome dello stato di necessità vengono sistematicamente tollerate. Non basteranno dichiarazioni. Lo sosteniamo da tempo, lo ripetiamo con insistenza oggi. L’Unione Europea e i suoi governi sospendano tutti i trattati di cooperazione economica, militare e commerciale con Israele. Lo stesso facciano l’Italia e la comunità internazionale, Usa compresi. Altrimenti nulla cambierà nella politica israeliana. Non basteranno commissioni d’inchiesta, pur necessarie. Abbiamo visto quale fine abbia fatto il rapporto Goldstone sui crimini di guerra a Gaza: ignorato.