Pur con ritardo, pubblico il mio "esesercizio di stile"... (sono graditi commenti, anche insulti)
AFFEZIONE NEGATIVA
Non è falso che M. (non posso non tenerne nascosto il nome) non è una donna: non si è nemmeno dimenticato di non preoccuparsi di non comprare un reggiseno, perché in effetti non c’è n’è bisogno. Non è da tutti non essere furbi come lui non è. Tuttavia, pur non preoccupandosi di quello, non è stato immune da altre preoccupazioni: come quella di non essere all’altezza di chi non è basso come lui, quella di non potersi trasferire in Piazza Galimberti (ma del resto non gli piacerebbe neanche poi tanto) e quella, maggiore di tutte, di non potersi sottrarre alla pressione della negatività che non lo molla. Non è meno forte di lui: non continua soltanto a non permettergli tranquillità, ma addirittura non gli permette di non scrivere e di non parlare in questa maniera che io non sto imitando (no, è che la negatività non si è dimenticata di non preoccuparsi di non lasciarmi stare) e quindi, poveretto!, non si trova certo a suo agio, non dico di fronte al pubblico, ma neanche di fronte ad amici e parenti. Non vi ricordate di lui? Come non era affannato da nulla, come non sembrava un ragazzo infelice, sempre (beh, non proprio sempre) con quel sorriso, non forzato né ironico, ma spontaneo. Non si sarebbe mai immaginato (e nemmeno io che non lo conoscevo da poco) di non poter continuare a non vivere diversamente, in uno stato che non suscita ilarità, ma certo non manca di attrarre la pietà. E ora non si avvicina a lui più nessuno, tutti così non felici di non evitare il rischio di non essere immuni da una tale negativa malattia. Ma che non ci può fare lui? La colpa non è sua! E così io non vi prego – penso che non sia il caso, se non vi manca il buon senso – di non ignorare chi non è diversamente da lui sfortunato, come per esempio non siete voi e non lo sono in molti (non dico “per fortuna”: non è ovvio?).
Non mi ricordo soltanto io quella sera di non molti anni fa (non era inverno né autunno né primavera, non si andava a scuola allora) in cui non ci siamo ritrovati in pochi a casa non di quel tale, dell’altro, quello che non abita in un posto che non sia Piazza Galimberti, per non essere assaliti dalla noia non uscendo in compagnia. Quella sera là, veramente, non ce la dimenticheremo noi che non siamo andati al Cinema, ma non siamo nemmeno andati al bar. Non eravamo entrati da molto nella casa di quell’altro tale che, cosa non poco inusuale, non si accende la televisione per vedere un film? Ebbene, quel film non era in bianco e nero, né di troppi anni fa, ma non era nemmeno una di quelle cose orrende che non si vedevano al cinema in bianco e nero (se non dicessi così, forse non intendereste). Non era dunque un brutto film, e io non penso che non ci siamo divertiti (certo, chi non c’era non può darne conferma, ma non diffidate della mia testimonianza). Poi, non prima della fine, non ci siamo alzati dal divano e non abbiamo cominciato a dire idiozie, e neanche a stare zitti. La conversazione che, dunque, non fu frivola, non mancò di non lasciare un segno nel profondo di tutti i nostri animi (no! Tutti?) e da quella serata non uscimmo certo interiormente ricchi come prima, giammai di meno. E con M. non erano rare serate di quel livello (quello non descritto molto sopra), ed è perciò – non lo dicevo? – che non è un dispiacere da poco se ora (e non solo) nessuno vuole più non stargli lontano. Non so voi, ma a me non sembra giusto un comportamento così: non si può non frequentare più una persona solo perché non ha più tutta la salute che non gli mancava quando non era che un neonato o un giovincello, non c’è che dire. Non ho parole. Non ho verbi positivi.
AFFEZIONE POSITIVA
Certo che M. (devo nascondervi il nome, mi dispiace) è un maschio: si è ricordato che i reggiseno sono cose da donne, e a lui interessa ben altro, di ben altro ha bisogno. In effetti è una cosa abbastanza normale. Tuttavia, pur avendo questa certezza virile, la sua mente è stata senz’altro sconquassata da altri inghippi: come quello di essere di certo molto basso e di abitare lontano da Piazza Galimberti (“Come mi piacerebbe trasferirmi là!”, mi disse un giorno, affermando di essere serio) e poi, veramente, c’è un problema ancora più grande: si sente affermativo, penso intendiate cosa voglio dire (perché voglio proprio dirlo). E’ più forte di lui: continua a disturbarlo, ma, ancor più, senza dubbio, lo costringe a parlare e scrivere in questo modo che io sto solamente imitando (eh sì! L’affermatività a me fa un baffo!) e quindi, poveretto veramente!, si trova completamente, siatene certi, disagiato di fronte al pubblico ma anche e soprattutto di fronte agli amici e persino ai parenti. Vi ricordate di lui sicuramente! Come era sempre tranquillo e rilassato, come sembrava un ragazzo felice a tutti gli effetti, sempre (proprio sempre, straordinariamente) con quel sorriso, estremamente spontaneo, anche se qualcuno, penso proprio erroneamente, lo definiva forzato o ironico. Certo, intelligente com’era, avrebbe dovuto aspettarselo (io già lo immaginavo, per Bacco!) di dover continuare a vivere, ma solo con questa enorme diversità, in questo stato che per qualcuno susciterà anche ilarità, ma sicuramente fa più presa sulla pietà. E ora tutti stanno ben distanti da lui, tutti così preoccupati di assicurarsi l’immunità da una tale malattia, anche se positiva in sé. Ma lui, dico, cosa ne può? La colpa è sua, è vero, ma a tutti capita di sbagliare! E così io vi prego – se lo faccio è perché so che siete dei caproni insensibili – di considerare chi è come lui tremendamente sfortunato, come per esempio un giorno potreste essere voi o molti altri (tutto può capitare, per fortuna, altrimenti capiterebbero ben poche cose: è comprovato dall’esperienza). E’ vero, me la ricordo solo io quella sera di molti anni fa (era inverno, autunno, primavera? Beh insomma, si andava a scuola allora) in cui ci siamo ritrovati quattro sfigati a casa di quel tale, quello che abita da sempre e per sempre in Piazza Galimberti (che invidia faceva a M.!), per essere assaliti, in compagnia, dalla puzza di chiuso di quella casa, però felicemente. Quella sera, veramente, se la sono proprio scordata tutti e spero di scordarla presto anche io. Siamo andati al Cinema, poi al bar e poi, come dicevo, a casa di quel tale in Piazza Galimberti. Eravamo là dentro come vacche in una stalla da sei ore circa e, cosa del tutto inusuale, si accende la televisione per vedere un film! Ebbene, quel film era in bianco e nero, di non oso immaginare quante decine di anni fa, ed era proprio di quelle cose orrende che solo al cinema in bianco e nero potevi vedere (sono certo che mi capite). Era dunque un film da schifo, davvero, e io penso di non essermi mai annoiato tanto in vita mia (chi c’era s’era veramente abbattuto, credetemi). Poi, prima della fine, ci siamo alzati dal divano ed abbiamo iniziato a dire idiozie una sull’altra, restando talvolta zitti improvvisamente. La conversazione che, dunque, fu di una frivolezza ineguagliabile, lasciò un segno nel profondo di tutti i nostri animi (nessuno escluso) e da quella serata siamo certamente usciti con una pazzesca voglia di vomitare, anzi, di morire. Ma con M. erano rare serate di quel livello (quello descritto lì sopra) ed è perciò – lo dicevo – che è un dispiacere immane se ora (stranamente proprio solo ora) tutti gli stanno alla larga. Lo so che ve ne infischiate, animali che siete, ma a me sembra un comportamento estremamente scorretto: si può, è vero, frequentare una persona solo quando è appena nata o è giovane giovane, quindi in salute, ma che senso ha? Ci sarebbero da dire ancora mille cose. Con tutte le parole che ho. Con tutti i verbi positivi che ho.
AFFEZIONE MISTA
Non ricordo bene se M. o N., ma non importa, tanto devo tenervi nascosto il nome e non mi dispiace neanche tanto (beh, a dir la verità, un po’ sì). Beh, questo M. o N., che chiameremo X per l’onnicomprensività straordinaria di questa lettera dell’alfabeto, è un gay ed è un po’ stupidotto. Si era preoccupato tanto di comprarsi un reggiseno, poi si è accorto di non avere nessun seno da reggere. Non è da tutti guardarsi nudi allo specchio. Tuttavia, nonostante questa disavventura, ce ne sono di peggiori: è alto come un tappo (di quelli belli grossi) e non abita in Piazza Galimberti che per tre giorni alla settimana, da sua madre, mentre vorrebbe tanto starci sempre o non andarci affatto. Ma più che altro, si sente preso dall’incertezza e ha notevoli sbalzi di umore. Non so se sia forte o debole questa cosa che ogni tanto dice di sentire, ma in effetti, statene certi, alterna momenti di perfetta tranquillità (“tranzollo”, come dice lui) a momenti di sclero compulsivo, attacchi epilettici, perdita dei sensi, convulsioni, diarrea, vomito, cambio di colore della pelle ecc. E quindi io spero proprio di non diventare come lui (va beh, non credo, per Diana), ma lui, poveretto!, certe volte non si trova proprio a suo agio (altre volte è più “scianti”, dice), dico di fronte al pubblico senza esserne proprio sicuro, ma certo di fronte a parenti e amici un po’ di imbarazzo c’è. Non so se vi ricordate di lui, magari qualcuno di voi ha capito di chi parlo. Beh, era un tipo, così mi pare, abbastanza felice, escluse le crisi di panico, e qualche volta se non ricordo male sorrideva, non so se forzatamente o spontaneamente, ma sorrideva. Certo forse se lo era immaginato (io francamente non credo di aver mai avuto una simile intuizione) di non poter continuare a vivere tranquillo e di cadere in uno stato che, dovreste vederlo, fa crepare dalle risate, ma fa anche pena. E ora, mi pare da sei giorni e mezzo, praticamente nessuno più gli si avvicina, non so bene neanche il perché. Sembra che tutti vogliano evitare che inizi a vomitare o cose del genere proprio in loro presenza. Ma secondo voi lui ne può qualcosa? Io non riesco a capire! E così vi pregherei – ma non so se è necessario – di ignorarlo magari quando grida nudo per i prati, ma non negli altri casi. Del resto anche voi potreste trovarvi a sboccare da un momento all’altro (ed è inutile che vi tocchiate i genitali, tanto la sfiga becca chi vuole). Non so se sono l’unico a ricordarsi quella sera di alcuni anni fa (non ricordo che periodo dell’anno fosse perché io non sono mai andato a scuola) in cui ci siamo ritrovati non so più quanti a casa di quel tale (o dell’altro, ma che importanza ha?) in Piazza Europa. Piazza Galimberti, scusate. Beh, ci siamo trovati per ammazzarci di canne, detto schiettamente. Niente cinema, niente bar, solo canne. La nostra mente era già obnubilata quando qualcuno ha acceso la tv per vedere un filmaccio (non ricordo di che anno né di che colore, ero in botta). Mi ricordo bene che il film nessuno lo considerava, tutti eravamo abbastanza distrutti, uno forse è pure morto in quella circostanza (non so, capite?). Fatto sta che noi vivi dopo un po’ ci siamo alzati (non so se il film fosse finito o meno) e abbiamo cominciato a parlare di ragazze. La conversazione che, dunque, non fu seria, penso che abbia lasciato un segno in noi (magari solo nei più sensibili) che ancora siamo vivi nonostante tutto. Di certo so che quella sera io non ho vomitato. Con X, comunque, serate del genere erano abbastanza frequenti ed è perciò che – non so se l’ho detto – adesso molti non si dispiacciono del suo stato, ma lo fuggono. Non so voi, non so nemmeno io, però mi sembra un po’ ingiusto, poi ognuno è libero di pensare ciò che gli pare. Del resto, non so se ci sarebbe altro da aggiungere. Forse ho finito le parole. I verbi dimenticavo come userebbersi.
DIALOGO D'AFFEZIONE: FACCIA A FACCIA TRA DUE NON AFFETTI
-Hai presente M.?
-Mmh…M.! Sì!
-Beh, mica se l’è comprato il reggipetto!
-Vorrei vedere, è maschio, che gli importa?
-Ma sai, la soddisfazione della consapevolezza di avere qualcosa di cui non doversi preoccupare…
-Giusto, capisco. Ma perché, è preoccupato?
-Eh sì!
-Beh in effetti fossi un nano mi preoccuperei anche io.
-Magari fosse solo quello!
-No! Non mi dire che è ancora quella storia di Piazza Galimberti?
-Sì, c’è anche quello, ma mi riferivo ad un'altra cosa.
-Cosa?
-Non è più quello di una volta. Non è più tranquillo e felice come prima.
-Davvero? Non so, io non l’ho più visto. Gli sto ben lontano.
-Come tutti, del resto. Solo perché non ha più quel sorriso spontaneo e quell’allegria di una volta?
-Il suo sorriso è sempre stato forzato e ironico e la sua allegria era insopportabile.
-Poveretto!
-Ma neanche un po’!
-Lo sai che non esce più di casa ed è imbarazzato pure di fronte a parenti e amici?
-Anche io lo sarei al suo posto.
-Ma che colpa ne ha?
-Ma che colpa ne ho io!
-Dai, ti prego, non puoi ignorarlo.
-Ritengo che sia meglio così.
-Sei un caprone insensibile.
-E sia.
-Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme?
-Puoi capire!
-Massì! Non ti ricordi quella sera là, non so che mese fosse, che siamo andati tutti a casa di quel tale..
-Quello di Piazza Galimberti?
-Sì, ecco, lui. Beh, quando ci siamo visti quel film là, vecchio di qualche anno ma bellissimo, poi ci siamo messi a discorrere…
-Ma lascia perdere quella serata! Non mi sono mai annoiato tanto.
-Ma se ci siamo ben divertiti! E poi è stata una conversazione arricchente.
-Se ti arricchisci così sei mal messo. Meglio il casinò, giuro.
-Ma lo capisci che lui ora è tutto solo, nessuno lo avvicina più?
-Affari suoi.
-Non ho parole.
-Tanto meglio.
-Ho sprecato troppi verbi.
-Peggio per te.
DIALOGO D'AFFEZIONE: TELEFONATA TRA DUE NON AFFETTI
-Pronto? Ah sì, ciao, Sono Lara. No niente, volevo solo chiederti come stai. No perché. Ah, sì. Bene, grazie. No. Ah sì? Ieri? Sono contenta! Anche Francesca? Fantastico! No! No! Sì sì! Certo! No! Ma va! Davvero! No! Non dire! Non ci credo! Lei? Ma dai! Mh! Mh h! Lo so lo so! Sì sìsìsìsì! Ma più o. No. Sì, cioè. Domani, pensavo. Ok? Tu glielo puoi dire? No perché io non. Vomitato? Che sch! No! No! Smettila! Che! Ma dai! Lui a lei? Ah, lei. Lui? Non ci credo! Sì, ricordo bene! Dici? Secondo me era ironico. Ma va?! Dai! Eh, capisco! Nessuna colpa. E certo. Poveretto! Lo credo b. Sì, cioè, io… non so, non l’ho più, cioè, non l’ho più neanche visto. No no! Figurati! No no! No, sai che non sono il tipo. Eh, capisco. Sì sì, c’ero anche io. Sì sì! No! Anche io mi ero divertita! E la conversazione dopo il film? Ma no! Sì! Ho il segno ancora. Puoi dirlo! No no! Eh sì, per forza. Capisco. E io verbi.
ATTENZIONE AFFEZIONE
QUI AFFETTO.